Il mandolino è uno strumento musicale antichissimo che ebbe origine ignota (suo primo antenato è l’oud arabo, di cui si hanno notizie già da epoca pre-romana) e gran sviluppo nel Cinquecento. Appartiene alla famiglia degli strumenti cordofoni. Simile ad una mandola, di cui costituisce una varietà, ha trovato spazio nell’antico Impero Romano e tuttora trova largo uso soprattutto in Italia e, più specificatamente, nel napoletano.
L’origine del mandolino napoletano risale alla metà del XVII secolo: si ritiene che a quel tempo risalga l’inizio della produzione di mandolini da parte della celebre Casa Vinaccia. Questi mandolini sono quasi tutti ricchi d’intarsi, filettature d’avorio lungo il manico eseguite con molta precisione e si deve proprio al Vinaccia l’applicazione delle corde di acciaio in sostituzione di quelle in ottone usate all’inizio e che difettavano di voce e di timbro.
Al loro successore Pasquale Vinaccia, l’invenzione della meccanica, tuttora in uso anche se perfezionata, per la regolazione della tensione delle corde, che rende molto più agevole l’accordatura.
I membri più importanti della famiglia Vinaccia sono Gennaro (attivo tra il 1755 e il 1784) e i suoi figli Antonio, Vincenzo(attivo tra il 1767 e il 1802) e Giovanni (attivo tra il 1767 e il 1777). Da Gaetano Vinaccia (attivo tra il 1779 e il 1821), figlio di Antonio, discende Pasquale (1806-85), che costruì i primi mandolini montati con corde d’acciaio e meccaniche.
La bottega di famiglia è sempre stata attiva a Napoli, in Rua Catalana al civico 46. Come tutti i liutai napoletani, i Vinaccia costruivano sia strumenti a pizzico (mandolini e chitarre) che strumenti ad arco.
Fra il 1720 e il 1820 si affermarono nuove e prestigiose botteghe di maestri liutai. Va sottolineato un fatto quanto mai sintomatico: quando agli inizi di questo secolo gli Zar russi sentirono il bisogno di avere a corte un maestro mandolinista svolsero le loro ricerche proprio a Napoli: così, da Napoli, si mosse il mandolinista Eduardo Amurri.
Questa fu l’epoca d’oro dei fabbricanti di mandolini a Napoli in cui operarono i fratelli Vinaccia e i fratelli Fabbricatore.
Quella dei Fabricatore è stata una famiglia attiva a Napoli per circa due secoli. Molteplici sono i personaggi appartenenti ad essa che nel corso di più di un secolo hanno operato nel campo musicale, come stampatori di musica ma essenzialmente come costruttori di strumenti: chitarre e mandolini “napoletani”.
Questi Maestri hanno svolto la loro attività tra la fine del Settecento ed i primi anni del secolo successivo, costruendo specialmente mandolini e chitarre. L’aspetto estetico dei loro strumenti è sempre molto raffinato ed impreziosito con uso di materiali pregiati quali tartaruga, madreperla, avorio e con decorazioni sulla cassa intorno al ponticello.
Il periodo di maggior successo del mandolino, parte dalla seconda metà dell’800 e arriva al suo apice tra le due guerre. Il suo pubblico iniziale era quello aristocratico e dell’alta borghesia. La stessa regina Margherita di Savoia era un’abile mandolinista e aveva un’orchestra di strumenti a plettro. Il successo della canzone napoletana lo fece diventare popolare. Troppo, per il ceto elevato. Che se ne disamorò.
La famiglia Calace costruisce mandolini da 180 anni. Il fondatore della “dinastia del mandolino” fu Antonio Calace: egli, in esilio a Procida per ragioni politiche o forse per aver commesso un omicidio, nel 1825 cominciò a fabbricare mandolini. Ebbe successo fin da subito, nonostante che a Napoli ci fossero già due famiglie di liutai di ragguardevole fama: i Vinaccia ed i Fabbricatore. Gran fortuna ebbero anche i figli di Antonio ed in particolare Raffaele che brevettò il mandolino con la meccanica d’acciaio e allungò la tastiera da ventiquattro a ventinove tasti, nel tentativo di inserire lo strumento nei programmi da concerto. Il tentativo risultò tuttavia inutile e il mandolino, forse perché visto in una dimensione più quotidiana e popolare, non è mai entrato a far parte della cosiddetta musica colta, anche se famosi compositori come Mozart e Vivaldi hanno scritto partiture proprio per mandolini.
Raffaele Calace fu definito “il Paganini del mandolino”, egli è stato maestro nel trasformare lo stereotipo del mandolino, come strumento musicale di tradizione esclusivamente popolare, in strumento da concerto. Nel 1897, creò la mandolira, una via di mezzo tra il mandolino e la lira. Sostituì le corde di budello dello strumento con quelle d’acciaio. Tutto questo perché era un eccellente mandolinista e lo strumento un suo prolungamento.
Hanno scritto brani per mandolino: W. A. Mozart (Don Giovanni), G. Verdi (Otello), G. F. Haendel (Alexander Balus), A. Vivaldi (Concerto per mandolino e orchestra ), L. van Beethoven (2 Sonatine Adagio e Andante con variazioni per mandolino e pianoforte), G. Mahler (VII Sinfonia), G. Paisiello (Il barbiere di Siviglia), I. Stravinskij (Agon), citando solo i Musicisti più conosciuti.
Dice Berlioz nel suo trattato d’orchestra: “Il suono del mandolino ha qualcosa di piccante, spiritoso e originale, insostituibile con altri strumenti, come la chitarra e il violino”.