La celebrazione dalla totale liberazione del territorio italiano dai nazifascisti il 25 aprile del 1946 è dichiarata festa nazionale.
Qualcuno vorrebbe abolire la festa della liberazione dalla dittatura fascista e dall’occupazione dei tedeschi.Polemica pretestuosa, datata e senza senso.Nel ventennio troppe voci tacevano,erano conniventi,silenziose,indifferenti,non erano sul fronte antifascista.
Per milioni di italiani la fine della guerra,la libertà ritrovata,si scontra con il dolore personale.Il 25 aprile del 1945 ha determinato un nuovo corso nella nostra storia.”Arrendersi o perire!”. La parola d’ordine intimata dai partigiani riecheggiò un po’ ovunque nel Nord Italia lungo tutta la giornata (e poi anche nei giorni successivi) del 25 aprile 1945. Alle 8 di quel mattino, il Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia (CLNAI) – il cui comando aveva sede a Milano ed era presieduto da Luigi Longo, Emilio Sereni, Sandro Pertini e Leo Valiani – proclamò così l’insurrezione in tutti i territori ancora occupati dai nazifascisti.
Occorre non abbassare la guardia,riaffermare la democrazia,fare memoria.Essere contro le barbarie della dittatura,essere antifascisti è un elemento identitario, caratterizzante per la nostra democrazia e la nostra Costituzione.
Le stragi, i campi di sterminio, la mancanza di libertà sono sbocco di una ideologia che porta alla dittatura.I movimenti di liberazione portano con sè la ricerca di una nuova visione del bene comune,portano alla concretezza dei diritti,all’applicazione dei doveri.Democrazia e libertà vanno difese quotidianamente, sempre e in ogni parte del mondo.Fare memoria, nella scuola, nelle famiglie,nelle parrochie,nei movimenti civici e politici.
Un Paese che non ha memoria è destinanto a non avere futuro. Le dittature,come la camorra,le mafie,calpestano la democrazia e la dignità delle persone.Non sono un male incurabile.La parola legalità è inflazionata, richiamo la parola “responsabilità”, che è un valore,una virtù che vince la rassegnazione e l’indifferenza;la responsabilità evita derive populistiche e autoindulgenti. Per l’Italia e per Napoli ecco le parole chiare di Piero Calamandrei:” Era giunta l’ora di resistere,era giunta l’ora di essere uomini,di morire da uomini per vivere da uomini.”