Da giovedì 20 a domenica 23 dicembre(giovedì, venerdì e sabato ore 21:00 e domenica ore 18:00), presso il Nuovo Teatro Sancarluccio di Napoli, si terrà lo spettacolo “Natale in casa di donne”, liberamente tratto da Eduardo De Filippo. Il cast dello spettacolo è composto da Francesca Morgante, Elena Fattorusso, Stefano Pascucci, Giusy Paolillo, Christian Mirone, Damiano Agresti e Sarah Falanga, anche autrice e regista della pièce.
NOTE DI REGIA
Lo spettacolo è un’importante sperimentazione sulla dimostrazione dell’universalità della drammaturgia di Eduardo De Filippo – “…è una mia esigenza emotiva ed intellettuale!” – afferma l’attrice e regista SARAH FALANGA, in questi giorni protagonista sugli schermi di RaiUno della serie “L’AMICA GENIALE” (tratto dal romanzo di Elena Ferrante – regia di Saverio Costanzo) e nel quale interpreta il ruolo di MARIA CARRACCI (moglie di Don Achille e futura suocera di LILA).
L’interpretazione tutta al femminile dei personaggi del celebre copione “Natale in casa Cupiello”, troppo imitato e scimmiottato, è una grande sfida tesa a dimostrare che se è vero che Eduardo ha scritto testi di essenza e contenuto universale tanto da guadagnarsi un posto tra “i miti” del teatro, è anche vero che quella stessa drammaturgia non perderà la sua verità e la sua essenza se interpretata e non imitata…e l’universalità non conosce limiti di tempo, di maschere, di sesso. Insomma non possiamo continuare a pensare di frequentare i copioni di Eduardo De Filippo cercando di imitarne la maschera, sarebbe come non permettere alla loro poesia di vibrare…libera da schemi e luoghi comuni.
Lucariello sarà una donna, come Tommasina. Il testo sarà semplicemente arricchito da atmosfere e musiche, senza alcun gracchiato voluto sulla celebre frase-tormentone ‘te piace ’o presepe’ ma cercandone una verità interpretativa necessaria agli attori, che hanno studiato il testo e la sua pregnante e problematica forza, la sua profonda emozione ed il suo vero significato. Un significato che si scompone in tante micro verità che, oggi più che mai, appartengono all’uomo. Un testo è vivo se vive in ogni tempo, per ogni pubblico e per ogni attore, solo così si concede l’immortalità al suo autore! Insomma una continua sorpresa data dalle vibrazioni di quelle stesse parole che suonano di una nuova melodia, vera, essenziale, infinita. Fino ad identificarsi sicuramente come un vero mito… “mito” perché resiste al tempo! “Natale in casa di donne” è una responsabilità, un rischio, un gioco pericoloso ma intrigante e stimolante.
L’INTIMA SCOPERTA DEL PRESEPIO
La messa in scena di “Natale in casa di Donne” suggerisce puntualmente, in itinere, infinite ed insospettate sfumature umane e filosofiche…storiche, culturali e psicologiche. La drammaturgia del testo Eduardiano, in alcuni momenti, lascia sospettare addirittura, vissuto dalla parte dell’interprete sia attore che perlustratore culturale (detto anche “riadattatore” e/o regista), l’inconsapevolezza da parte dell’autore stesso dei contenuti universali catturati in una sola parola (presepe) o nell’espressione ormai idiomatica “te piace ’o presepe?”.
L’apice poetico è raggiunto dall’apparente “paradossale scelta” di proporre un’interpretazione femminile dell’icona eduardiana, che l’autore stringeva gelosamente nella maschera maschile ormai presentissima nell’immaginario collettivo.
Rischiando un’interpretazione spartana dei contenuti nel coraggioso richiamo femminile, laddove il presepe si traduce immediatamente in ventre materno di cui la naturale evoluzione è “la famiglia”, intesa come l’unione dei consanguinei e l’accoglienza dei ”dominatori” degli stessi (ossia di tutte quelle presenze che arricchiscono affettivamente la vita ed il destino dei figli, dando origine all’amata discendenza di “un ventre”), si giunge naturalmente e senza alcuna forzatura al significato di quella mangiatoia ( parola in cui è racchiusa l’origine etimologica ed il significato di presepe), ossia al luogo sentimentale e storico dal quale ha origine la luce e dal quale ci si nutre di luce.
Incredibilmente il richiamo al presepe e l’esortazione di quel “te piace ‘o presepe” rinnovata da una “donna madre” assume una valenza pregna di altri e tanti spunti di riflessione sull’essere, poiché è da un ventre che nasce la richiesta che lo stesso non venga tradito e sventrato. Si delinea sempre più prepotente nel corso dello svolgimento dello spettacolo, il dramma dell’ideale tradito, della maternità e delle sue attese puntualmente negate.
Il testo si trasforma pian piano in un dramma laico ed universalmente umano, appartenente a tutta la storia dell’essere, pur partendo da una simbologia apparentemente cattolica, la quale trova radici nella storia e nel “mito della luce”.