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NAPOLI INVENTO’ LE ZEPPOLE, TUTTA ITALIA SE NE INNAMORO’

Eccomi miei cari lettori. Sono tornata e come sempre adoro prendervi per la gola. Il 19 Marzo non posso non parlarvi della pasta choux di forma circolare con un foro centrale che viene farcito di crema pasticcera e guarnito con amarene sciroppate. Avete capito bene.  Sto parlando della Zeppola di tutte le zeppole.  La signora Zeppola di San Giuseppe.  Sebbene, la collega Gianchino ha lasciato una ricetta succulenta per prendere per la gola i vostri papà e non solo.  Io, non posso non andare nel dettaglio, come sempre, della prelibatezza partenopea. 

Le zeppole di San Giuseppe, come molti dolci della tradizione napoletana, si costruiscono su un fine contrasto di sapori. Un guscio di pasta bignè fritta, e dal gusto neutro, custodisce una crema pasticcera densa, dolcissima e profumata, sulla cui sommità poggia un’amarena o una ciliegia sotto spirito che conferisce una nota aspra. La prima ricetta ufficiale si trova, nel Trattato di Cucina Teorico-Pratico del celebre gastronomo Ippolito Cavalcanti. Nel 1837 con lo stile semplice e immediato che lo contraddistingueva la mise nero su bianco in lingua napoletana.

La ricetta della zeppola classica suggerita dal Cavalcanti, prevede l’utilizzo di pochi ingredienti: farina, acqua, un po’ di liquore d’anice, marsala o vino bianco, sale, zucchero e olio per friggere.

Le zeppole di San Giuseppe (@ PuroSud) © Ansa

LA STORIA DI “SAN GIUSEPPE FRITTELLARO”
Come per molti dolci, anche la nascita delle zeppole è avvolta da un’antica leggenda. Pare, che San Giuseppe, per prendersi cura di Maria e Gesù, dovette affiancare al mestiere di falegname quello di friggitore e venditore ambulante di frittelle. a Roma, San Giuseppe è apostrofato in modo simpatico come Er Frittellaro, da una poesia degli anni 50 scritta da Checco Durante, che inizia proprio così: “San Giuseppe frittellaro tanto bbono e ttanto caro (…)”.

Quel che è certo è che il dolce inizia a prendere la forma che conosciamo oggi, solo nel 1700, furono preparate dalle monache dello Splendore e della Croce di Lucca o, invece, dalle monache di San Basilio del Monastero di San Gregorio Armeno.
Altri, tuttavia, ritengono che la ricetta attuale della zeppola sia opera di quel Pintauro ideatore della rinomata sfogliatella il quale, rivisitando le antiche frittelle romane e ispirandosi al Cavalcanti, ne arricchì l’impasto con uova, strutto e aromi per poi friggerle due volte, prima nell’olio bollente e poi nello strutto fuso.

Sull’origine della parola “zeppola” ci sono pareri discordanti. Un’ipotesi, ricollega il termine a Zi’ Paolo, nome del presunto friggitore napoletano che alcuni considerano l’inventore della zeppola da strada .
Sembrerebbe che a Napoli, per una sorta di devozione al Santo, ad un certo punto si sia sviluppata la tradizione degli zeppolari di strada. Non è un caso che,  fino a qualche anno fa, per i vicoli della città, ci si poteva imbattere in questi artigiani che si esibivano pubblicamente nella loro arte su banchetti posti davanti alle loro botteghe dove vendevano le zeppole appena fatte.

Una cosa è certa: Anche se i nutrizionisti di tutta Italia non saranno d’accordo con me, chiunque abbia avuto questa idea geniale merita il Nobel! Perchè la Zeppola è sempre la zeppola! La più buona di tutte le buone, non è mai più buona di lei!

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