L’ Unione Europea mostra grande solerzia quando si tratta di bacchettare le italiche infrazioni, irrogando anche pesanti sanzioni economiche, ma ci lascia in balia di noi stessi quando a infrangere gli impegni è proprio essa stessa.
La conferma più clamorosa viene dalla questione vaccini: è il noto pasticcio – ammesso correttamente dai responsabili – combinato con la ritardata prenotazione delle dosi, o con l’inefficace tutela dei propri diritti alla consegna delle stesse. L’UE, anche se non ha competenza nella politica sanitaria dei singoli Stati membri, si era assicurata – con il consenso degli Stati comunitari – l’acquisto e la distribuzione dei vaccini.
Di fronte alla mala parata, la via di uscita: di fatto un chacun pour soi e la preoccupazione che non si sia trattato di incapacità dei singoli, ma di inadeguatezza del sistema.
Il risultato: non solo siamo molto indietro per numero di dosi e di vaccinazioni rispetto ad Usa, Cina, Russia, ma anche rispetto a singoli Paesi quali Gran Bretagna, Israele, persino la minuscola Serbia.
In compenso l’UE pone l’Italia al vertice continentale per procedure di infrazione del diritto europeo aperte a suo carico: ben 82. Per sei di queste, la Corte di Giustizia Europea ha pronunciato una sentenza di seconda condanna e ingiunto all’Italia il pagamento di sanzioni. La metà delle procedure sanzionate riguarda l’ambiente, mentre la restante metà si riferisce al mancato recupero di aiuti di Stato ad aziende in difficoltà. Le sanzioni ci sono costate tra il 2012 e il 2020 oltre 750 milioni di euro, di cui circa 150 per sanzioni forfettarie (pagate cioè una tantum) e 600 a titolo di penalità, che invece maturano fino al completo adempimento. (fonte Osservatorio Conti Pubblici Italiani dell’Università Cattolica di Milano).
Le condanne più onerose hanno riguardato il comparto ambientale: raccolta e smaltimento dei rifiuti, in particolare in Campania, e mancato adeguamento delle reti fognarie per la raccolta e il trattamento delle acque reflue in diversi agglomerati urbani.
Se le sanzioni nel comparto ambientale possono avere una certa qual giustificazione, mi sembra altrettanto corretto rilevare che il mancato recupero degli aiuti di Stato ad aziende in difficoltà abbia almeno la scusante che si è trattato di salvare posti di lavoro. Ma questa valutazione sembra avere scarso o nullo peso per la burocrazia europea.