Economia e Welfare

Il boom di giovani che chiedono il reddito di cittadinanza: cosa succederà con Draghi e con l’assegno unico

Pesa il peggioramento delle condizioni occupazionali. Attraverso un’analisi su un campione di microdati amministrativi è stato possibile confrontare le principali caratteristiche dei nuclei familiari che hanno percepito il RdC prima e dopo l’inizio della pandemia. Che cosa succederà al sussidio nei prossimi mesi.

Nel corso dell’emergenza Covid – da cui non siamo ancora usciti –  c’è stato il boom delle richieste di Reddito di cittadinanza da parte di giovani under 30. A pesare il peggioramento delle condizioni occupazionali. E’ quanto afferma l’Ufficio parlamentare di Bilancio (Upb), in una memoria sul dl Sostegni.

Attraverso un’analisi su un campione di microdati amministrativi è stato possibile confrontare le principali caratteristiche dei nuclei familiari che hanno percepito il RdC prima dell’inizio della pandemia (anno 2019 e primi tre mesi del 2020) con quelle di coloro che lo hanno richiesto e ottenuto successivamente.

Chi sono i giovani che chiedono il reddito di cittadinanza

Dal confronto emerge che “tra i percettori di RdC in costanza di Covid-19 vi è stato un incremento significativo dei beneficiari nelle fasce di età più giovani, con effetti più marcati tra coloro con meno di 30 anni (+12,3 punti percentuali, a 20,4%)”.

Di contro, con intensità simile, si riducono i percettori con più di 65 anni (dal 18,6 al 7,6%). Circa il 65% dei nuovi beneficiari non ha figli e più della metà vive in nuclei mono componente. Nonostante i criteri restrittivi per l’accesso al beneficio da parte degli stranieri, la loro quota è aumentata, rispetto al 2019, di 14,2 punti percentuali. La necessità di richiedere il beneficio assistenziale è principalmente imputabile a un peggioramento delle condizioni occupazionali: la quota di disoccupati tra i percettori in costanza di Covid-19 è pari al 72,3% (era il 65% nella fase pre pandemia).

Che cosa succederà nel 2021? Sulla base delle analisi effettuate dall’Osservatorio sul Reddito e Pensione di Cittadinanza, risulta che nel mese di gennaio è stato raggiunto il massimo degli importi totali erogati mensilmente (691,3 milioni), con circa 1.272.000 beneficiari.

Considerando tale platea come potenziale beneficiaria per la restante parte dell’anno, l’erogazione complessiva ammonterebbe a circa 8,3 miliardi, in linea con il nuovo limite di spesa previsto dal decreto in esame.

Tuttavia, puntualizza l’Ufficio parlamentare di bilancio, “sulla stima complessiva degli importi da erogare nel 2021 incide la profonda incertezza che caratterizza lo scenario economico: se, da un lato, il miglioramento del quadro economico potrebbe, seppur con lag temporali, determinare un ridimensionamento dei beneficiari, dall’altro, lo sblocco dei licenziamenti potrebbe alimentare nuove richieste di sussidio”.

Reddito di cittadinanza: cosa può cambiare già nel 2021

Il reddito di cittadinanza andrà in qualche modo aggiornato. In molti chiedono due-tre correttivi principali. Il primo intervento è togliere il requisito dei 10 anni per gli immigrati ammettendo chiunque abbia un permesso di soggiorno di lungo periodo. L’altra correzione fondamentale è quella di ricalibrare i parametri affinché il Rdc non sia penalizzante per le famiglie con più figli. Si ipotizza poi anche una restrizione dell’ambito del suo rinnovo dopo i 18 mesi per tutti i percettori riconosciuti “occupabili”, senza possibilità di rinnovo. Altro intervento sollecitato da più parti riguarderebbe l’introduzione di un sistema premiante (tutto da definire) a favore dei percettori che hanno trovato occupazione. Una delle più insistenti critiche è che RdC deriva dalla normativa sottostante, che in alcuni casi può disincentivare il percettore a cercare occupazione, e condurlo senza dubbio alcuno a richiedere il rinnovo del sussidio alla scadenza dei 18 mesi.

Uno strumento di sostegno universale al reddito va mantenuto, è previsto in tutti i Paesi, tanto più in tempi di crisi pandemica. Il “problema” del reddito di cittadinanza è che mette assieme sostegno alla povertà e sostegno a politiche del lavoro, che sono cose diverse. Una correzione è possibile. Oggi il reddito di cittadinanza riguarda direttamente e indirettamente 3 milioni di italiani (1,25 milioni i nuclei familiari percettori di reddito o pensione di cittadinanza. L’importo medio è 528 euro. Come sostegno anti-povertà ha sicuramente funzionato (e anche i suoi detrattori lo hanno ammesso) ma la fase attiva, di ricerca lavoro, zoppica.

Il Rdc è sotto la lente d’ingrandimento. Il ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Andrea Orlando, ha istituito un Comitato scientifico per la valutazione del Reddito di cittadinanza (Rdc). Il Comitato è presieduto dalla professoressa Chiara Saraceno. I componenti sono: la sociologa dell’ufficio Politiche sociali della Caritas italiana, Nunzia De Capite; il professore ordinario di Politica Sociale all’Università di Trento, Cristiano Gori; il capo della Direzione Centrale Studi e Ricerche dell’INPS, Daniele Checchi; il professore ordinario di Politica Economica all’Università La Sapienza di Roma, Maurizio Franzini; la professoressa ordinaria di Diritto del lavoro all’Università La Sapienza di Roma, Paola Bozzao; il direttore generale per la lotta alla povertà e la programmazione sociale del Ministero del Lavoro, Angelo Marano. Partecipano ai lavori del Comitato un rappresentante di Anpal e di Inapp. Il reddito di cittadinanza andrà migliorato: non è chiaro come, però.

Mario Draghi non è un “nemico” del reddito di cittadinanza. Lo sviluppo di lungo periodo “non è possibile senza l’etica” scriveva proprio Draghi dodici anni fa, nel 2009 . Ma anche lo scorso anno sul Financial Times, Mario Draghi aveva affrontato il tema del debito buono e del debito cattivo: “La questione fondamentale non è se, ma in che modo lo Stato possa fare buon uso del suo bilancio”. Faceva cenno proprio al reddito di base, altra cosa rispetto al reddito di cittadinanza, ma simile come ragionamento di fondo. “La priorità – scriveva Draghi –  non deve essere solo fornire un reddito di base a chi perde il lavoro, ma si devono innanzitutto proteggere le persone dal rischio di perdere il lavoro”. Al Meeting di CL di Rimini del 2020, ospite d’onore, l’ex capo della Bce disse: “Nelle attuali circostanze il pragmatismo è necessario. (…) Dobbiamo accettare l’inevitabilità del cambiamento con realismo e, almeno finché non sarà trovato un rimedio, dobbiamo adattare i nostri comportamenti e le nostre politiche”. E poi ancora:”I sussidi servono a sopravvivere, a ripartire. Ai giovani bisogna però dare di più perché i sussidi finiranno e se non si è fatto niente resterà la mancanza di una qualificazione professionale che potrà sacrificare la loro libertà di scelta e il loro reddito futuri”. Le critiche che Draghi potrebbe esplicitare nei confronti del reddito di cittadinanza sono quindi legate alla mancanza di visione di lungo periodo. Ma nell’immediato c’è una crisi economica gravissima da affrontare: “Nel 2021 i soldi non si chiedono, si danno“, ha ribadito anche di recente il premier.

Reddito di cittadinanza e assegno unico: incrocio “pericoloso”

La legge delega, che conferisce al Governo il compito di adottare entro 12 mesi i decreti legislativi sull’assegno unico, prevede che anche i percettori di reddito di cittadinanza potranno ricevere l’assegno unico ai figli. Questa è la nuova misura pensata durante il governo Conte ed ora portata a termine dal governo guidato da Mario Draghi. Si dovranno attendere i decreti che stabiliscono entità e modalità, ma l’intenzione più volte palesata è quella di partire dal 1 luglio 2021.​ Il disegno di legge che delega al Governo la stesura dei decreti attuativi sull’assegno unico ai figli conferma che quest’ultimo è pienamente compatibile con il reddito di cittadinanza.

L’assegno di cui al comma 1 è pienamente compatibile con la fruizione del reddito di cittadinanza, di cui all’articolo 1 del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2019, n. 26, ed è corrisposto congiuntamente ad esso con le modalità di erogazione del reddito di cittadinanza.

L’assegno – in sintesi – è compatibile con la fruizione del reddito di cittadinanza ed è corrisposto congiuntamente ad esso. Nella determinazione dell’ammontare complessivo si tiene eventualmente conto della quota del beneficio economico del reddito di cittadinanza attribuibile ai componenti di minore età presenti nel nucleo familiare.

Con l’ultima legge di bilancio il Governo ha rifinanziato il «Fondo assegno universale e servizi alla famiglia» con tre miliardi di euro per l’anno 2021 e 5 miliardi per il 2022. Le ulteriori risorse per garantire gli annunciati 250 euro al figlio per ogni mese saranno recuperate dalle misure di sostegno alla famiglia oggi in vigore (assegni al nucleo, bonus bebè, l’assegno dal terzo figlio in poi, il fondo natalità, ecc.) e che potranno essere ulteriormente individuate dal Governo nel corso dell’esercizio della delega. In alternativa i partiti di maggioranza sono già pronti a giocarsi la carta di nuovo debito.

Quanto è costato il reddito di cittadinanza

La spesa per l’erogazione del Reddito e Pensione di cittadinanza nel 2020 si attesta a 7,2 miliardi con un leggero incremento, di circa 50 milioni di euro, rispetto alle previsioni assestate. Nel 2019 la stessa spesa è stata, invece, di 3,8 miliardi di euro relativa agli otto mesi di vigenza. E’ quanto emerge dal pre-rendiconto sociale 2020 del Consiglio d’Indirizzo e Vigilanza dell’Inps. Le stime sulla spesa per il Reddito di emergenza (Rem) si riducono di circa 125 milioni di euro rispetto all’assestato 2020 ed ammontano complessivamente a 830 milioni di euro.

La spesa per la disoccupazione resta sostanzialmente invariata rispetto alle previsioni dell’assestato 2020 ed ammonta a 13 miliardi di euro. Le ordinarie erogazioni per maternità e natalità registrano una flessione di circa 551 milioni di euro, dovute prevalentemente alle minori uscite per le rette di asili nido che sono state sostituite da interventi di carattere straordinario previsti dalla normativa per far fronte all’emergenza Covid-19 e ad una flessione dell’assegno di natalità. Le stime sulle prestazioni, a sostegno del reddito con causale Covid e a carico della fiscalità generale, assommano a 21 miliardi di euro, più contenute di 8 miliardi di euro, rispetto a quelle stimate nell’assestato 2020.

Il quadro economico è nero per un’ampia fascia della popolazione: nel 2020 erano 2 milioni le famiglie in povertà assoluta, il 7,7% del totale, con un marcato aumento rispetto al 2019 (+335 mila famiglie), quando l’incidenza era pari al 6,4% (lo si legge nella memoria trasmessa dall’Istat sul dl sostegni). Nei primi mesi del 2021 è improbabile ci siano stati miglioramenti, il numero degli italiani in povertà assoluta è ragionevolmente cresciuto ancora.

Today.it

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