Sono passati 215 anni dall’esecuzione avvenuta in piazza Mercato degli otto patrioti repubblicani tra cui ricordiamo Eleonora de Fonseca Pimentel, il principe Giuliano Colonna, Gennaro Serra di Cassano, il vescovo Michele Natale, il sacerdote Nicola Pacifico. Quest’anno il Comune di Napoli insieme all’Istituto per gli Studi Filosofici ha voluto commemorare l’anniversario deponendo un fascio di fiori in prossimità della targa posta nel luogo dell’esecuzione in occasione del bicentenario della rivoluzione napoletana del 1799. Tra gli altri sono intervenuti il professor Gerardo Marotta e il professor Antonio Gargano che hanno tenuto brevi discorsi commemorativi. E` stato inoltre annunciata «l’istituzione di un premio giornalistico europeo dedicato alla memoria di Eleonora e assegnato a giornaliste che si siano contraddistinte nel campo dei diritti umani ogni anno il 20 agosto».
Accanto alle celebrazioni ufficiali, si sono tenute riunioni meno ufficiali, ma non per questo meno sentite, di cittadini appartenenti ad associazioni culturali e non, che hanno voluto accendere una candela o deporre un fiore sotto la “colonna dei martiri” posta in piazza Mercato. La rivoluzione napoletana, per molti versi trascurata dalla storia ufficiale, quella che si studia nei licei, per intenderci, è stata invece per la nostra città un momento fondamentale, e sugli avvenimenti di quei giorni, c’è ancora molto da dire e tanto su cui riflettere.
I principi ispiratori della Repubblica Napoletana, durata solo pochi mesi dell’anno 1799 (23 gennaio/8 luglio) volevano essere gli ideali di “liberté, égalité, fraternité” importati dalla Rivoluzione Francese, ma fu percepita dal popolo come una nuova forma di dominazione straniera. Con l’aiuto dei cosiddetti “lazzari” la restaurazione di Ferdinando IV di Borbone fu presto assicurata, e non furono risparmiati i nobili e gli intellettuali che avevano favorito l’avvento della Repubblica, compresa Eleonora de Fonseca Pimentel, direttore del giornale ufficiale della Repubblica, “Il Monitore”. Eleonora, di famiglia spagnola, sin da ragazzina aveva ascoltato i principi di libertà e di ricerca della felicità che animavano i salotti di Gaetano Filangieri, e ne aveva fatto ragione di vita.
La più grande mancanza del gruppo dei repubblicani partenopei di fine ‘700 fu forse quello di non aver saputo coinvolgere il popolo, così che la rivoluzione rimase un affare per nobili e borghesi indottrinati. Con il fallimento della Repubblica e le spietate esecuzioni capitali, si creò una frattura tra mondo intellettuale ed istituzioni, simboleggiata dalla chiusura voluta dal duca Luigi Serra del portone principale del Palazzo Serra di Cassano, sede oggi dell’Istituto degli Studi Filosofici, tuttora chiuso.
Oggi fiori, candele e un nuovo premio giornalistico tengono doverosamente vivo il ricordo di quella che fu la figura femminile più affascinante di quell’avventura di tentata democrazia, perché la memoria di un popolo non può e non deve dimenticare una delle pagine più significative della sua storia.