Il trionfo è un’opera collettiva ma senza Conte non sarebbe arrivato. Ha tenuto il gruppo in una bolla emotiva impermeabile. Il punto di partenza deve restare lui
L’Inter non ha solo vinto lo scudetto, l’ha stravinto. Non farà battere le mani a tutti (ma poi in Italia chi ci riesce?) però di sicuro farà battere i cuori dei milioni di tifosi nerazzurri: per anni hanno ingoiato sconfitte amare, storiche disillusioni, visto passare di tutto in panchina e in campo, senza un’ombra di soddisfazione mentre la Juve infilava un tricolore dopo l’altro per nove anni di seguito.
Lo scudetto è sempre un’opera collettiva, tuttavia l’Inter senza Conte non l’avrebbe mai conquistato. Come il Triplete non sarebbe stato possibile senza Mourinho e la grande Inter delle due Coppe dei Campioni senza Helenio Herrera. L’uomo squadra è lui, Conte, poi vengono Lukaku, Lautaro, Barella, Eriksen e tutti gli altri.
È stato molto più di un tecnico in una stagione complicata dalla pandemia e dalla lunga assenza del presidente. Ha tenuto botta quando l’Inter all’inizio faticava, quando è stata eliminata dalla Champions, quando era dietro al Milan e si infittivano le chiacchiere di un imminente passaggio di proprietà, quando gli stipendi non arrivavano puntuali. Ha tenuto il gruppo in una bolla emotiva impermeabile, in club abituato a fluttuare in balia a follie di ogni genere. Dicono che Conte sia un ossessivo, ma fatemi il nome di un vincente nello sport che non lo sia. Non ne conosco. Non ce ne sono. Anche dietro al calcio spettacolare e rotondo di Guardiola c’è la stessa ossessione del lavoro di tutti i grandi tecnici.
Questo dell’Inter è il trionfo della volontà. Tenacemente costruito nel girone di ritorno sulla crescita di tre difensori di livello, su un centrocampo con Barella e Brozovic interpreti principali, arricchito poi dal recupero di Eriksen. Il tutto finalizzato per il totem della squadra, Lukaku. Esempio plastico del lavoro compiuto da Conte. L’Inter ha ora bisogno di fare il salto in Europa, oltreché deve naturalmente provare a mettere la seconda stella del ventesimo scudetto. Quali programmi abbia Zhang per l’Inter del futuro non lo sappiamo ancora. Ma a prescindere dal mercato, da chi andrà via e da chi arriverà, il punto di partenza deve essere Conte. Ha ancora, è vero, un anno di contratto, ma va convinto che all’Inter gli può riuscire quello che non gli riuscì alla Juve. In fondo la migliore rivincita è un travolgente successo.
Gazzetta dello Sport