Uno studio che ha visto coinvolti i ricercatori dell’Istituto Weizmann per le Scienze, insieme a quelli della Queen Mary University di Londra e della Hebrew University di Gerusalemme, ha permesso di ricostruire il meccanismo cerebrale che scatena la fame e, in particolare, come funziona nello specifico il suo principale “interruttore”, ovvero il recettore Mc4, che consente ad alcune persone di sentirsi sempre affamate, al di là di quanto cibo consumano.
I risultati dello studio, pubblicati all’interno della rivista “Science”, hanno permesso di comprendere proprio il ruolo del recettore Mc4, che si trova nell’ipotalamo, un’area del cervello dove si trova un gruppo di neuroni che calcolano l’equilibrio di energia in relazione ai segnali del metabolismo. Gli studiosi, nel corso della loro ricerca, hanno scoperto che quando Mc4 risulta attivo, invia una serie di segnali che consentono di raggiungere la sazietà. Quando invece cala il livello di energia, le cellule dell’ipotalamo inviano l’ormone che suggerisce come sia necessario assumere cibo, spegnendo il recettore Mc4 ed inviando il segnale della fame. Dopo aver mangiato, hanno sottolineato gli esperti, viene rilasciato un ormone che fa sentire pieni, e che si lega allo stesso sito del recettore Mc4, sostituendo l’ormone della fame e ripristinando il recettore sullo stato della sazietà. Ed è emerso, inoltre, come siano le mutazioni che silenziano il recettore Mc4 a far sentire le persone costantemente affamate.
L’importanza di questa ricerca, hanno spiegato gli studiosi, riguarda proprio il funzionamento del recettore Mc4, bersaglio principale dei farmaci anti-obesità, ma di cui fino ad oggi non si conosceva nel dettaglio il funzionamento. Per studiarlo, i ricercatori hanno analizzato la situazione di una famiglia israeliana, in cui almeno 8 membri sono gravemente obesi e coinvolti da una sorta di fame perenne, tutti con una mutazione sul recettore Mc4. Moran Shalev-Benami, esperta dell’Istituto Weizmann e coordinatrice dello studio, insieme alla collega Hadar Israeli, è riuscita ad isolare grandi quantità del recettore puro dalle membrane cellulari e determinato la sua struttura in 3D, grazie all’utilizzo del microscopio a elettroni. Inoltre, grazie alla struttura tridimensionale, è stato possibile valutare anche come il setmelanotide, un farmaco per l’obesità, riesca ad attivare il recettore MC4 ed è stato compreso come le mutazioni sullo stesso recettore interferiscono con questo segnale, stimolando una fame continua e conducendo quindi all’obesità. Tra le potenzialità dello studio, come confermato dai ricercatori, quella di “aiutare a migliorare lo sviluppo dei farmaci anti-obesità, rendendoli sempre più sicuri e precisi”.
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