Scena Unita, il fondo di solidarietà nato dalla volontà degli artisti di sostenere i lavoratori dello spettacolo colpiti dallo stop alle attività causa pandemia, fa un primo bilancio. A otto mesi dalla sua nascita – su input di Fedez che ha coinvolto decine di colleghi – ha raccolto 4 milioni 780mila euro.
“Potevamo fare di più, arrivare magari a 20 milioni, ma è un risultato incredibile se si pensa che si tratta di un moto spontaneo degli artisti: in due settimane avevamo già raccolto due milioni di euro”, commenta Fedez, aggiungendo che l’iniziativa “è nata dall’idea che ogni artista, oltre al proprio contributo, potesse sfruttare i suoi rapporti con i brand e cercare di fare cordata per portare in un incubatore più denari possibile”. Al progetto hanno aderito 154 artisti, 113 brand, più finanziatori importanti come Intesa San Paolo, Amazon Prime e l’Istituto Buddista Soka Gakkai.
La gestione dei fondi è stata affidata a Cesvi, supportata da Musica che gira e Music Innovation Hub. “Una gestione chiara e trasparente” – tengono a sottolineare tutti i soggetti coinvolti – che ad oggi ha portato ad erogare 1 milione 601mila euro a 1601 lavoratori (mille euro ciascuno), 251mila euro a 251 imprese individuali (tra i richiedenti fonici, organizzatori in generale, tecnici al montaggio, direttori luci e produzione) e 2,5 milioni a progetti per la ripartenza che valgono circa 8 milioni di euro (77 dei 106 progetti approvati sono stati già finanziati con metà dei fondi a disposizione). Tra i progetti beneficiari il Festival Abbabula, il Locus Festival, il Mi Ami Festival, solo per citarne alcuni. Scena Unita è nata in un momento di emergenza, anche per sopperire a dei vuoti normativi, con una riforma del settore chiesta da tempo a gran voce, ma ancora lontana dall’essere realizzata. “Finora non siamo stati ascoltati dalle istituzioni – attacca Fedez -, ma è un’occasione che non dobbiamo perdere.
Il termine ‘istituzioni’ è etereo e riconducibili a un ministero, quello della Cultura, e a un ministro, Dario Franceschini. Quindi mi rivolgo direttamente a lui: serve meno propaganda e più pragmatismo. Bisogna fare ciò che si dice di fare, senza poter essere smentiti. E sarebbe un ottimo inizio se i finanziamenti non andassero solo al solito circolino di fondazioni e teatri”. Poi Fedez ha aggiunto che Scena Unita non si fermerà almeno fino a ottobre, quando avrà accompagnato tutti i progetti approvati. “E’ stato parecchio complesso per me, anche a livello psicologico, ma Scena Unita in qualche modo continuerà a vivere.
Io però aprirò una mia fondazione per portare avanti anche altri progetti”. Tanti i nomi, dai big agli emergenti, che si sono spesi per Scena Unita e hanno contribuito per quello che hanno potuto. Da Manuel Agnelli (“è stato importante non aspettare che arrivasse qualcun altro a risolvere problemi”) a Gaia (“non sono ancora riuscita a fare un live, ma sarebbe stato assurdo non esserci e rendere il mio pubblico consapevole di quello che stava succedendo”) che ha messo uno degli abiti di Sanremo all’asta, da Giusy Ferreri (“era importante esserci”) a Vasco Rossi (“felice di aver portato un po’ di aiuto”), da Francesca Michielin (“i lavoratori condividono con noi tanta quotidianità; la musica è un lavoro”) a Levante (“è stata un’iniziativa potente: i siamo uniti e siamo riusciti a concretizzare”).
La latitanza delle istituzioni si fa sentire nelle voci di tutti. “Dispiace che non siamo stati presi sul serio”, dice Shade. Gli fa eco Michele Bravi: “Scena Unita ma anche tanto stanca, c’è bisogno che si riconosca il peso del settore”.
Ansa