Non una riforma, ma una vera e propria rivoluzione del sistema scolastico. Questo il piano del Governo. Una sfida a cui punta Renzi per dare finalmente una svolta definitiva alla scuola italiana che certo ora non è all’altezza degli standard europei. Un riforma come ha tenuto a ribadire la Ministra Giannini al meeting di Comunione e Liberazione a Rimini «che guarda ai prossimi trent’anni e non ai prossimi tre, una visione dei bisogni della scuola e della sua “infrastruttura umana”, dieci milioni di studenti e le loro famiglie, il corpo docente, parliamo dei due terzi del Paese». Ma quali i punti critici e le possibili soluzioni? Si parte dall’età. In Italia il 60% dei docenti nelle superiori ha più di 50 anni e solo il 30% è tra i 30 e i 49. I docenti giovani, per intenderci quelli al di sotto dei 40 anni, sono solo i 10%. In Francia sono il 39%, in Germania il 25%, in Spagna il 39%, nel Regno Unito la metà ovvero il 49%. Punto dolente dell’universo scuola è sicuramente quello dei precari. Va detto che in Italia per anni, forse oltre un decennio, non ci sono stati concorsi pubblici per la scuola e questo ha contribuito a far diventare il sistema di precariato ancora più gigantesco. Potrebbero allora essere riviste se non abolite le graduatorie provinciali d’istituto, circa 400 mila persone. Una parte dei precari dovrà essere stabilizzata. Ci sarà entro l’anno prossimo un nuovo concorso. Non ci saranno tagli per finanziare le spese e su questo la Ministra Giannini è stata categorica: «L’idea di tagliare a destra per spostare a sinistra appartiene a una vecchia logica. Servono soldi, è vero, ma non li sottrarremo ad altri comparti della scuola. Abbiamo studiato meccanismi di finanziamento molto innovativi». L’idea degli sponsor è una ipotesi. «Bisogna uscire dallo stereotipo che il mercato è nemico della scuola», ha detto la Giannini. Un’ attenzione particolare viene riservata anche alle scuole di formazione che secondo il governo vanno recuperate. «In Italia – ha ricordato poi – 4 milioni e mezzo di ragazzi non studiano né lavorano. Dobbiamo recuperarli. Trovare la via italiana al sistema duale, in Germania funziona da trent’anni. Mettere in pratica l’alternanza scuola-lavoro a partire dalle esigenze, dalle richieste. Penso a stage professionali negli ultimi anni di media superiore, penso all’investimento delle imprese private nella scuola pubblica. È un tabù, ma una realtà in gran parte del mondo. Faccio anzi un appello agli imprenditori, anche medi e piccoli, perché intervengano nel finanziare, ad esempio, i laboratori. Abbiamo bisogno di strutture moderne, non di luoghi di antiquariato. I ragazzi devono uscire in grado di lavorare. Il capitale privato è benvenuto». Ma il verio perno della riforma è sicuramente il merito. Il rappresentante di governo ha annunciato una proposta molto articolata e consistente per l’aggiornamento e la formazione degli insegnanti. «Ci saranno criteri di valutazione – ha aggiunto – e sarà premiata l’attività positiva, anche con aumenti di stipendio, e penalizzato chi non fa il suo dovere. Non possiamo più attenerci solo a un criterio di anzianità. Sono certa che nessuno avrà timore di essere valutato nel merito». Considerata anche, e di non poco conto, la divisione fra cultura e istruzione, a partire dalla spartizione di competenze fra ministeri e di conseguenza figure, autorità, poltrone che secondo la Ministra «è figlia di una cattiva gestione politica ma in un paese come il nostro, che ha dato al mondo il Rinascimento, deve scomparire. Abbiamo bisogno di intervenire sui programmi scolastici. Potenziare la storia dell’arte. Introdurre la musica fin dalla scuola primaria, siamo il Paese di Verdi e Puccini. Non possiamo consentire che chi studia restauro finisca in un call center. Col ministro Franceschini abbiamo un protocollo d’intesa». E ancora, l’idea del governo è quella di portare a quattro anni il ciclo delle medie superiori per equiparare l’età di congedo scolastico a quella di molti altri paesi. «Ci vorrà molto tempo per mettere a regime la nostra proposta, ma non dobbiamo guardare ai prossimi mesi. L’orizzonte è quello dei prossimi trent’anni. Chi nasce oggi va a scuola nel 2018 ed esce nel 2038. La scuola che cambiamo adesso arriverà a destinazione allora». Cosa succederà? Come sarà accolta questa riforma della scuola? Non resta che aspettare venerdì quando in Consiglio dei Ministri saranno presentate le linee guida. Intanto, la Flc Cgil ha già sentenziato: «Se le linee di indirizzo della scuola dovessero corrispondere all’intervento della ministra Giannini al meeting di Rimini non ci sarebbe nulla di nuovo rispetto alle impostazioni fallimentari della ex ministra Gelmini».