Tutto cambia ma non le madri, la nostra scorciatoia per riscoprire il “come una volta”
Vi avverto mie care lettrici, perché le parole, le esperienze, gli scatti di questa storia e in particolare di queste t-shirt di Valentina Franceschini e le sue bambine vi faranno venire voglia di avere/fare/rifare un figlio. O anche due, tre.
Una capsule lanciata così per gioco, un inno al comfortwear che, sotto sotto, è una dichiarazione d’amore al sentimento che più di tutto ci fa sprofondare in un brodo di giuggiole, quello provato per i nostri figli. E che, si spera, sia da loro ricambiato. L’importante, in questi tempi sciagurati, è non perdere di vista i dettagli.
Io e la Vale quando abbiamo chiacchierato questa mattina ci siamo trovate subito d’accordo quando ho affermato che, tutto cambia e perde certezza, ma la mamma, resta la scorciatoia per riscoprire il “come una volta”. Tra le relazioni, l’unica che presenterà sempre un paesaggio noto per cui dirai, com’è possibile, ho fatto il giro del pianeta, mi sono venute le rughe, eppure da qui non mi sono mai allontanato. È la seconda vita che viviamo nella mente di chi ci vuole bene. È un addossarsi il peso del figlio, renderlo importante, fino alla fine. Siano voti, digestione oppure occhiali da cambiare.
La te bambina, che primo ricordo ha di sua madre?
Io e la mia mamma siamo molto legate. Lei è sempre stata una mamma-amica. Se dovessi ricordare la bambina Valentina, ho l’immagine di mia mamma che cuce, lei è una sarta. Mi ricordo che fino all’età di 9 anni io ero in casa con lei e giocavo con i bottoni mentre lei lavorava poi tra un lavoro e l’altro si prendeva delle pause per coccolarmi. Ho dei ricordi bellissimi. Avevamo una casa piccola ma piena d’amore.
Il più importante insegnamento che hai ricevuto da tua madre, e che trasmetterai anche ai tuoi figli?
Io sono figlia unica, quindi capirai bene quanto sia stata coccolata. Ho un rapporto bellissimo con entrambi. La mamma mi ha cresciuta con un’apertura mentale, in casa mia non c’erano tabù. Non c’erano segreti. L’apertura e la sincerità è alla base di un rapporto e ogni giorno provo a trasmetterlo anche ai miei bambini.
La te madre, che primo ricordo ha dei suoi bambini?
“Ho ancora il ricordo vivo, di quando è nata la mia piccola. Sophie ora ha dieci anni e nonostante sia passato del tempo, ricordo ancora quando l’ho vista per la prima volta. Non riuscivo a credere di aver messo al mondo una creatura così meravigliosa. Un capolavoro. Sai, quando diventi mamma è sempre la prima volta. Ho lo stesso ricordo sia di Francesca che ha 8 anni, sia di Nicholas che ha 24 mesi. La vita non smette mai di stupirti. “
Come nasce il disegno super mamma e super figlia?
“Nasce per puro caso. Quest’inverno c’era il progetto dell’apertura del nuovo negozio e nel mentre organizzavo tutto la burocrazia per aprire una nuova attività non ho mai smesso di fare la mamma. Tra compiti e disegni, un pomeriggio le bambine hanno iniziato a disegnare queste due “bamboline” e me le hanno fatte vedere facendomi notare la somiglianza che c’era tra me e loro. Mi sono innamorata all’istante è stato un colpo al cuore. A marzo, arriva finalmente l’apertura del nostro negozio e nella mia mente c’era ancora un pezzo di puzzle mancante, volevo che all’interno del mio negozio ci fosse qualcosa di mio, qualcosa di autentico. L’idea geniale è arrivata alla mia piccola, la Francy. Mi ricorda di questi due disegni e io guardando e riguardando quei disegni mi rendo conto di quanto fosse geniale l’idea. Sai, Alessandra, all’inizio pensavamo di modificarle un po’, poi pensandoci bene e confrontandomi anche con vari grafici mi sono resa conto che l’autenticità del mio prodotto sarebbe stato proprio lasciarle così, alla vecchia maniera, disegno old school che trapela tutto l’amore che ci accomuna. “
Il nome delle super mamma e super figlie?
“Ma guarda non hanno un nome di “battesimo”, noi le chiamiamo super mamma e super figlia, così che, ognuno che decide di acquistarle può decidere di chiamarle con il nome della persona che ha pensato acquistandola. Tu che nome le daresti?”
Nell’intervista con Valentina Franceschini, non c’è stata una parola di autocommiserazione, né il solito tè nel gineceo in cui inevitabilmente rischiano di auto-recintarsi le donne quando si riuniscono per discutere di problemi che colpiscono soprattutto loro: abbiamo discusso su tanti temi. In un momento storico in cui sentiamo di donne cha lavorano nella Stazione Spaziale Internazionale o che si occupano di organizzazioni politiche internazionali, sembrerebbe oramai superato il concetto di gender gap (cioè divario di genere) quando parliamo del lavoro al femminile. In realtà il cammino per rendere il lavoro delle donne al pari di quello degli uomini è ancora molto lungo e irto di insidie e problemi e, anzi, negli ultimi anni sembra proprio che non siano stati compiuti grandi passi in favore di una parità di genere. Ancora più drammatica la situazione se osserviamo il binomio donne e lavoro in Italia: nel nostro Paese la situazione è indietro rispetto a molti altri Paesi del mondo.
Aprire una partita IVA, in piena Pandemia da qualcuno può essere visto come un azzardo vero e proprio. Come è arrivata questa decisione?
“Ho lasciato un lavoro che mi dava molte soddisfazioni, ma soprattutto una sicurezza economica. Ho lasciato un contratto a tempo indeterminato per poter creare qualcosa di mio. Sono stata tanto criticata, ma era arrivato il momento di dare una svolta. Tutto questo chiaramente ha comportato dei rischi, quando mi guardo indietro penso ‘accidenti se sono stata coraggiosa’, ma credo che se si è molto chiari nello spiegare le proprie intenzioni si ottengono risultati inaspettati. Questo nuovo progetto, ha influenzato positivamente il rapporto con mio marito, e i miei figli, ma anche con il lavoro, perché mi ha consentito di crescere in tutte le sfere della mia vita invece che solo nell’una o nell’altra. “
Come si concilia, giorno dopo giorno, il ruolo di madre e business woman?
“Avendo il negozio vicino casa per me è tutto più semplice. Riesco a coordinare bimbi, casa e lavoro. Cerco di essere il più presente possibile nelle loro vite, che sia andarli a vedere mentre fanno sport o passarli a prendere all’uscita di scuola. Ma, soprattutto, non c’è giorno in cui non rimbocchi loro le coperte, legga un buon libro, gli chieda com’è andata la giornata.”
Che consiglio daresti alle giovani donne che pensano che diventare madri significhi rinunciare alla propria carriera per sempre?
“Beh, non abbiate paura, il lavoro non è la cosa più importante nella vita. C’è dell’altro. Non pensate troppo, seguite il flow, non obbligatevi a essere delle super mamme e super donne sempre e per sempre, siate indulgenti con voi stesse.”