Intorno alle vaccinazioni da tempo è in discussione il problema della obbligatorietà, ma in fondo pensateci, la pandemia ha reso una questione pubblica tutti quei nostri dibattiti privati su come vivere, le nostre trattative interiori con la vulnerabilità fisica.
Chi ha un lungo chilometraggio ricorda il problema delle vaccinazioni al tempo del vaccino contro la poliomielite quando, per paura di vaccinare, abbiamo condannato migliaia di bambini a morire o a essere disabili per tutta la vita. Tutti invece ricordano le recenti discussioni, le prese di posizione dei partiti politici, la legislazione – per la verità, in parte ambigua – riguardante le vaccinazioni.
In realtà non si dovrebbe ricorrere a delle leggi se la nostra società attraverso la scuola educasse al senso civico, cioè a rispettare i diritti degli altri, una forma riduttiva rispetto al monito ebraico-cristiano «amerai il prossimo tuo come te stesso».
Le malattie infettive si possono curare, ma i virus e i batteri si difendono e quindi, come sta accadendo nel caso degli antibiotici, possono indurre una resistenza e continuare a infettare. I vaccini sono degli straordinari farmaci perché non curano ma proteggono, sviluppando risposte immunitarie che impediscono la riproduzione del virus o del batterio. Il grande vantaggio è che l’immunità rimane nel tempo nel caso che si ripresenti quel determinato virus o batterio. Se tutta una comunità si vaccina si ottiene quella che con un brutto termine si chiama immunità di gregge, che impedisce al virus di abitare in quella comunità e quindi di nuocere. Da qui nasce un obbligo che non dovrebbe essere legislativo ma effettuato per ragioni morali ed etiche. Infatti se non mi vaccino non contribuisco a eliminare il virus dalla circolazione.
Qualcuno risponde: ‘ma io ho il diritto di rifiutare un vaccino perché sono io il responsabile della mia salute’. È certamente vero, ma in questo caso solo se si ritira da eremita e non entra in contatto con nessuno, perché se non è vaccinato e si infetta può infettare altri che a loro volta possono infettarne altri ancora. Se il non vaccinato non fa l’eremita può infettare chi non si è vaccinato non per capriccio ma per ragioni mediche: è chi – circa il 5% – anche volendolo non può vaccinarsi perché sarebbe inutile. C’è anche una piccola percentuale di chi pur essendosi vaccinato non ha sviluppato immunità sufficiente per essere protetto, e infine c’è chi essendosi vaccinato con successo contrae malattie o deve essere trattato con farmaci che diminuiscono o annullano le sue risposte immunitarie. Infine, se ne infetto uno posso creare una catena di infezioni e questo svantaggia non solo la salute degli interessati ma anche il Servizio sanitario nazionale che deve intervenire per trattamenti che potrebbero essere evitati.
Ecco da dove nasce il dovere morale ed etico per vaccinarsi, ancora più importante se chi non si vaccina ha attività che lo espongono al pubblico, in primis agli ammalati. In altre parole, la mia libertà d’azione termina quando lede la libertà degli altri. È giusto quindi impedire attività di lavoro a chi non si vaccina pur avendo rapporto con il pubblico o con persone fragili come gli ammalati.
Personalmente appena ho ricevuto l’avviso mi sono subito prenotata perché è allo stesso tempo un bene per me, per la mia famiglia che frequento tutti i giorni e per la società tutta.
Vaccinarsi è un dovere etico, oltre che civico. Condivido le parole di Papa Francesco: “Io credo che eticamente tutti debbano prendere il vaccino, è un’opzione etica, perché tu ti giochi la salute, la vita, ma ti giochi anche la vita di altri (…) Non so perché qualcuno dice: ‘no, il vaccino è pericoloso’, ma se te lo presentano i medici come una cosa che può andare bene, che non ha dei pericoli speciali, perché non prenderlo? C’è un negazionismo suicida che io non saprei spiegare, ma oggi si deve prendere il vaccino”.
C’è un un aggiornamento ufficiale. L’efficacia della doppia dose di vaccini anti-Covid raggiunge quota 96.82% rispetto ai non vaccinati, per la protezione della mortalità, mentre una sola dose protegge all’82.26. Il dato è in una delle slide che accompagnano il monitoraggio settimanale Iss-Ministero della Salute e riguarda il periodo che va dal 4 aprile all’8 agosto. Per i ricoveri in terapia intensiva i vaccinati con ciclo completo sono protetti al 97.16%, con una dose all’89.4. Per le ospedalizzazioni nei reparti ordinari la copertura arriva al 94.7% fra i vaccinati a doppia dose, mentre per quelli con una dose sola il valore è a 82.3. La protezione dal contagio è a 82% con 2 dosi e al 62% con una.
Questo per dire che, mi dispiace di non poter usufruire dell’Anti-Covid che prevede una sola dose e magari avrei preferito un vaccino tutto italiano, la cui sperimentazione è partita solo questa settimana, ma il mio turno è adesso e adesso sono chiamata a contribuire al benessere della collettività. Ed è proprio questa la sfida più difficile, come ha evidenziato a fine gennaio l’immunologo Anthony Fauci sulla rivista Annals of Internal Medicine: “C’è ancora molto da imparare sui nuovi vaccini e nello stesso tempo incoraggiare fortemente la vaccinazione: questa è probabilmente una delle sfide più critiche che oggi devono affrontare gli operatori sanitari”.
Sono sicura che non sarà l’unico vaccino Anti-Covid che farò nella mia vita, ma molto probabilmente il prossimo sarà in una sola dose e ancor meglio sviluppato. Viva la ricerca, l’unica che può salvarci dalla pandemia e farci ritornare a una vita normale.