Il weekend appena passato ha portato con se’ due ottime notizie e due risultati referendari davvero importanti, uno a San Marino e l’latro in Svizzera.
A San Marino infatti, dopo 18 anni di proposte legislative, ha vinto il sì al referendum sulla legalizzazione dell’aborto, con il 77,13% di sì contro il 22,69%. Il microstato del centro Italia era rimasto uno dei pochi in Europa in cui l’interruzione di gravidanza era considerato un reato, anche in caso di stupro o di malformazione del feto, ma ora le cose sono pronte a cambiare.
A 43 anni di distanza dalla legge italiana la repubblica del Titano ammette l’interruzione di gravidanza. Il referendum di iniziativa popolare è stato promosso dall’Unione donne sammarinesi dopo 17 anni di tentativi di realizzazione di una legge.
“Ieri sera è stato un momento bellissimo, storico, con un risultato che non ci aspettavamo. Eravamo sicuramente fiduciose e speranzose, ma mai ci saremmo aspettate che più di 3 elettori su 4 fossero favorevoli alla legalizzazione dell’interruzione volontaria di gravidanza. Da oggi non è più reato penale, tecnicamente, e dovrà essere fatta una legge che recepisca il quesito referendario. Nei nostri cuori sabbiamo che l’aborto non è più reato e la donna a San Marino diventa persona“. Karen Pruccoli, legale rappresentante del comitato promotore e presidente di Unione Donne Sammarinese, commenta così all’Adnkronos la vittoria ottenuta con il larghissimo consenso dei cittadini manifestato ieri alle urne a favore della legalizzazione dell’interruzione di gravidanza, fino ad oggi reato nella piccola repubblica.
La possibilità di scegliere e di gestire il proprio corpo è una conquista delle donne che è arrivata dopo anni di battaglie, di sofferenze, di morti. Ma è una conquista che non è mai definitiva, non si può dare per scontato che una donna abbia determinati diritti.
L’aborto deve essere una libera una scelta, una scelta spesso sofferta e altrettanto spesso necessaria. Per una ragazza rimasta prematuramente incinta, per la madre di molti altri figli, per una qualsiasi donna che quel figlio non lo vuole.
Lottare perché gli altri abbiano la possibilità di operare una scelta che magari non condividiamo è alla base della democrazia, lottare perché le donne possano decidere di non diventare madri è alla base del progresso, infatti il grado di evoluzione di una società si valuta in base al grado di libertà e autodeterminazione delle donne.