Cultura

Festa dei nonni: i pezzi più dolci di una famiglia, il tesoro da custodire

Potrebbe essere un primo piano raffigurante bambino e capelli

“C’è un aggeggino adesso tra le mie braccia… e una speranza così grande non la ricordavo più… c’è un grande amore adesso tra le mie dita, e c’è una forza esagerata: non la ricordavo più”. 

Questa frase, è l’emblema che racconta il primo incontro tra nonno e nipote. Un modo affettuoso, delicato e giocoso che descrive bene lo stupore e anche un po’ il “timore e tremore” di un uomo che per la prima volta prende tra le braccia il nipotino.

Timore che però scompare appena nonno e nipotina incrociano il primo sguardo e quando il nonno la stringe tra le braccia. Da quel momento inizia la costruzione di un amore capace di scatenare quell’energia e quella voglia di futuro che a volte manca agli adulti. 

La festa dei nonni è una ricorrenza che esiste in tante parti del mondo, in date differenti. In Italia nasce ufficialmente come festività civile grazie alla Legge n. 159 del 31 luglio 2005 del Parlamento. L’intento è quello di celebrare il ruolo e l’importanza dei nonni all’interno della famiglia e della società. Infatti il 2 ottobre, la data scelta, si ricordano gli angeli custodi, che nella tradizione cattolica hanno un po’ lo stesso ruolo dei nonni: sempre pronti a proteggere i propri nipoti, a dare consigli grazie alla loro esperienza e a coccolarli in ogni modo.

Pensateci miei cari lettori, ci sono domande che scatenano tempeste emozionali. Domande innocenti, semplici, bocconi di sensazioni che dalla memoria affiorano sulla lingua. Che cibo ti fa pensare a tuoi nonni? La pizza è la trasgressione che si impara sin da piccoli, le patatine fritte, i dolci, ma le ricette dei nonni si depositano in un luogo particolare, intoccabile ed evocativo, un cassetto che si apre di colpo.

I piatti della nonna, ricordi di infanzia, di adolescenza, di recente adultità, che alimentano il compendio gastro-emotivo di ognuno di noi.

A volte, pensateci,  per dire ti voglio bene, ci vuole una torta semplice e tiepida, da tagliare e gustare insieme, magari lentamente. Parlando del più e del meno, dei ricordi più belli e dei progetti più emozionanti.

Per me,  ad esempio,  i ricordi più belli hanno un’immagine ben definita: “I fusilli al burro come li fai tu, gli rispondevo sempre. Fissa nella mia mente, quell’immagine rassicurante delle sue spalle possenti e accoglienti, davanti ai fornelli. Quelle braccia, che poco prima mi avevano posizionato dall’altra parte del tavolo, adesso stanno armeggiando fra i fuochi. Sentivo profumi, ascoltavo rumori, prima l’acqua che bolle, poi il coltello che taglia il burro con decisione, poi il mestolo che ciocca sul piatto… Credo di aver iniziato ad amare la cucina grazie a quegli istanti, quei minuti lunghissimi, grazie a mia nonna, alla sua pasta col burro bruno, color nocciola, quasi caramelloso, grazie ai suoi racconti di vita, sugli aneddoti che nemmeno in un film o le storie sulla guerra in Albania e poi in Grecia, grazie a quella domanda “che ti preparo?”.

Se oggi mi dicessero di dover descrivere la mia famiglia mi verrebbe da usare un solo aggettivo, Ribelle. Proprio noi che abbiamo sempre creduto nel pranzo della domenica tutti insieme, nell’importanza della famiglia, delle tradizioni. Noi che ci siamo sempre proposti di cercare la bellezza nelle piccole cose, quelle che rendono speciali le nostre vite. Cosa avessimo noi di così particolarmente “ribelle”, al netto del lato estetico che forse ci allontana dall’idealtipo di “famiglia tradizionale”, proprio non riuscivo inizialmente a comprenderlo. Poi un giorno arriva il COVID, e la parola ribelle è diventato la parola più giusta in assoluto. Si, perché, per quanto vorremmo tenerci a debita distanza e per quanto la separazione possa dimostrare il reale amore noi non riusciamo a essere distaccati, non sappiamo e non vogliamo farlo. Questa foto è l’immagine più vivida di qualcosa che sai da sempre ma poi ti scordi.

Finché te la ritrovi davanti in una scena così perfetta che sembra un film ma è la vita vera, dove tutto scorre leggero e fra le donne che ho amato si crea un contatto speciale. Quella vicinanza che le rende complici e un po’ misteriose agli occhi degli altri: se l’avete vissuta o anche solo intravista poi ci fate caso per sempre.

Ognuno di noi custodisce nel proprio cuore quelle parole intrise di amore, di saggezza e di antichità pronunciate solo dalle nostre nonne e mai più sentite. Parole, accenti, modi di dire, e proverbi che come un’eredità sono riuscite a ricamare sulla nostra anima e da lì niente e nessuno le può togliere. E noi, spesso, in modo naturale e con grande gioia le abbiamo fatte nostre e abbiamo cercato di trasmetterle ai nostri figli, ai nostri nipoti, ai nostri alunni. Per continuare questa meravigliosa staffetta di vita.

Ogni nonno, ogni nonna ha le sue frasi ma possiamo racchiudere la sua saggezza in 10 insegnamenti di vita. Detti, pronunciati e ripetuti in modo diverso a seconda della nonna che abbiamo avuto, con i suoi dialetti, le sue tipiche espressioni facciali, le sue inconfondibili pieghe della pelle.

1- Le lacrime alleggeriscono il cuore

Una delle frasi più amata dalle nonne. La ripetevano quando un bambino cadeva e si sbucciava il ginocchio o durante i funerali per fare le condoglianze alle vedove. Un invito a piangere, a non trattenersi, a dare voce alla propria interiorità senza vergogna. Sapevano, le nostre sagge nonne, che le lacrime hanno il potere di pulire l’anima, di togliere un peso dal cuore, di far uscire ciò che dentro non ci sta proprio più.

2- Mia cara, con la pazienza si vince tutto!

Come grandi maestre di pazienza, le nostra nonne ci mostravano ogni giorno l’arte di saper attendere. Ai nostri lamenti, ai nostri discorsi di infelicità per un progetto non realizzato e alle nostre smorfie di fatica loro rispondevano con questa semplice frase. E poi per farci imparare bene la lezione si dedicavano al lento ricamo, all’impasto prolungato del pane, alla cura amorevole e quotidiana dell’orto per poterci fornire un vero e proprio esempio di pazienza in azione.

3- Rammenta: non c’è rosa senza spine!

E quando accadeva un fatto doloroso o un imprevisto ecco che se ne uscivano con questo famoso proverbio. Non per farci sprofondare nel pessimismo ma per raccontarci la verità della vita, per dirci che la bellezza risiede anche nelle spine se si imparano a conoscerle e a non rifiutarle.

4- Tutti sanno che il frutto non casca lontano dall’albero

Quando facevamo qualcosa che le ricordava nostra mamma o nostro papà ecco che con queste parole ci riportava all’importanza delle radici familiari, ci mostrava lo specchio del mondo e ci svelava il segreto per la comprensione della vita: ritornare alle radici, onorarle, comprenderle, vederne il filo sottile che ci unisce per non rimanerci imprigionati ma per poter invece dirigere la nostra energia vitale verso il futuro.

5- E’ così che va la vita: chi troppo vuole nulla stringe!

Poteva capitare di essere nella sua cucina a chiacchierare con altri parenti e lei, intenta a lavare i piatti, se ne usciva con questa frase che puntualmente faceva nascere un silenzio di riflessione in tutti noi. Queste sue parole sembravano un avvertimento: prima di desiderare altro da ciò che si ha bisogna pensarci bene altrimenti si rischia di perdere tutto, anche quello che si aveva prima.

6- Quello che non strozza ingrassa

Un detto che tutti noi conosciamo, lo abbiamo udito soprattutto dopo aver detto che non potevamo assaggiare un alimento a causa del suo brutto aspetto. Le nostre nonne, che hanno sperimentato in giovane età la fame, sanno bene quanto è difficile non avere cibo a sufficienza e ci ricordano i loro tempi quando pur di mangiare si metteva sotto i denti qualsiasi cosa. Con questo modo di dire ci ricordano che non dobbiamo essere troppo schizzinosi.

7- Un bel tacer non fu mai scritto

Una delle frasi più pronunciate dalle nonne, soprattutto in seguito a chiacchiere che hanno fatto nascere litigi. Per far comprendere quanto la parola è abusata e che saper tacere al momento giusto è una capacità mai lodata abbastanza.

8- Con il tempo e con la paglia maturano le nespole

Secondo la tradizione contadina le nespole non possono essere mangiate appena raccolte e vanno fatte maturate a lungo in contenitori ricoperti di paglia in luoghi bui. Un modo per ricordarci che il tempo è la migliore soluzione per tutto e che non bisogna avere fretta perché la maturazione delle cose, se si è lavorato bene, prima o poi arriva.

9- Ricordati che scherzando si dice il vero!

Un invito a considerare lo scherzo con occhio attento, a non sottovalutarlo, a leggere tra le righe dell’ironia e del sorriso malizioso. Sapeva la nonna che la verità si può mascherare da burla e spesso è più leggibile lì che altrove.

10- Dai tempo al tempo!

Ce lo diceva sempre quando non avevamo pazienza, quando la fretta s’impossessava di noi, quando volevamo tutto e subito. E lei, con questa breve frase, ci riportava alla quiete interiore e ci insegnava che spesso l’unica cosa da fare è di far trascorrere il tempo giusto. Come in natura, che niente matura in tempi sbagliati.

 

 

 

 

 

 

 

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