“Nel frastuono della stazione centrale di Napoli, c’era questa presenza misteriosa e amorevole: Mario, il gigante del sorriso“, così Samuele Ciambriello ha iniziato il suo discorso in memoria di Mario, immigrato liberiano colto da un malore sabato notte che gli ha stroncato la vita.
Oggi alle ore 10:00, nei pressi di “Binario Calmo” alla stazione centrale di Napoli, insieme al Professore Samuele Ciambriello, garante dei detenuti in Regione Campania, e a Padre Carlo De Angelis , si è tenuto un piccolo momento di raccoglimento dedicato a lui.
Un tributo laico, un ricordo delicato in una formula semplice da parte di chi, negli anni, ha imparato a conoscerlo recandosi a lavoro. Tra questi ricordiamo il giornalista Nicola Arpaia, che conosceva bene Mario, e che ha dato lui il triste annuncio della sua morte.
A Linkabile ha dichiarato:
“Ben 7 anni fa ci ho parlato per la prima volta in stazione a Napoli. Mi aspettava tutte le mattine per il consueto caffè. Ed è proprio tra un caffè e l’altro che mi raccontava la sua storia e della tristezza che si prova ad essere un immigrato qui. Mario riusciva attraverso il suo sorriso a far sorridere tante persone e renderle meno tristi. É l’esempio di immigrato che nel 2003 sbarca a Napoli su un barcone, a seguito di un colpo di stato avvenuto in Liberia. Nei suoi occhi era evidente la disperazione del suo popolo. Lui era riuscito a salvarsi, a differenza dei suoi famigliari. Napoli gli ha dato tanto e lui altrettanto”.
Nel corso di questa piccola commemorazione è intervenuto anche Padre de Angelis, il quale ha dichiarato:
“Purtroppo conosciamo tante realtà come quelle di Mario. Questi nostri fratelli arrivano qui nella speranza di costruirsi una vita migliore. E noi del mondo occidentale che facciamo? Li respingiamo e chiudiamo soprattutto il cuore: questa è la cosa più grave. Non è vero che non ci sono spazi: ovunque io vada noto terreni incolti e abbandonati, dove potrebbero benissimo lavorare ed inserirsi, solo se ci fossero le politiche adeguate. Si potrebbe fare davvero tanto per queste persone, però sia la politica che i nostri fratelli cristiani non tendono una mano d’aiuto. Questa è la cosa peggiore!”.
Ma è giusto ricordarsi di queste persone solo in queste occasioni? “Io dico che dobbiamo ricordarcene sempre. Il vero peccato è essere indifferenti di fronte a queste cose“,conclude Padre De Angelis.
Quella di Mario, quindi, è la storia che accomuna tanti migranti che tentano di raggiungere l’Italia in cerca di un futuro migliore. “Meglio morire in mare che stare in Liberia. In mare si muore una volta sola, se stai in Liberia è come se morissi tutti i giorni”, spiegava spesso Mario.