La variante Omicron (B.1.1.529) del coronavirus SARS-CoV-2 avrebbe acquisito un “pezzo” di materiale genetico proveniente da un virus del raffreddore, una modifica mai osservata prima negli altri ceppi del patogeno. Questa peculiare ricombinazione, che sarebbe avvenuta in un paziente immunodepresso colpito contemporaneamente dal raffreddore e dalla COVID-19, potrebbe aver reso il patogeno pandemico meno aggressivo.
LA NUOVA SCOPERTA
Ciò non solo spiegherebbe la maggiore contagiosità, ma anche il fatto che i primi casi di variante Omicron rilevati nel mondo presentano sintomi più lievi di quelli associati alle altre varianti del virus. Non deve stupire che un simile processo possa essersi verificato proprio in Sudafrica. Si tratta infatti di un Paese con una elevata concentrazione di pazienti immunodepressi a causa dell’elevata diffusione del virus dell’HIV, responsabile della sindrome da immunodeficienza acquisita (AIDS).
Ad avanzare la clamorosa ipotesi della ricombinazione con un virus del raffreddore, che potrebbe cambiare le sorti della pandemia di COVID-19, è stato un team di ricerca internazionale composto da scienziati statunitensi e indiani di nference Lab, una società specializzata nell’analisi dei dati biomedici.
I ricercatori, coordinati dal professor Venky Soundararajan, sono giunti alle loro conclusioni dopo aver messo a confronto le mutazioni rilevate nella variante Omicron con quelle presenti nelle altre quattro varianti di preoccupazione (Alpha, Beta, Gamma, Delta), quelle delle varianti di interesse (Lambda, Mu, Eta, Iota e Kappa) e di altri 1.500 lignaggi del coronavirus SARS-CoV-2 caricati nelle banche dati genetiche, per un totale di ben 5,4 milioni di genomi.
Come specificato dagli scienziati nell’abstract dello studio, la proteina Spike della variante Omicron è caratterizzata da 26 mutazioni di amminoacidi (23 sostituzioni, due delezioni e un inserimento) che sono distinte da quelle osservate negli altri ceppi.
LA MUTAZIONE “ins214EPE”
Gli esperti si sono concentrati su una specifica mutazione di inserzione chiamata “ins214EPE”, che non era mai stata osservata prima nel patogeno pandemico. “La sequenza nucleotidica che codifica per ins214EPE potrebbe essere stata acquisita mediante ricombinazione con i genomi di altri virus che infettano le stesse cellule ospiti del SARS-CoV-2”, spiegano il professor Soundararajan e i colleghi.
Poiché è stato dimostrato che le cellule gastrointestinali e respiratorie possono essere coinfettate contemporaneamente dal SARS-CoV-2 e da coronavirus stagionali come l’HcoV-229E, e poiché i genomi dei coronavirus del raffreddore presentano sequenze omologhe alla sequenza nucleotidica che codifica per ins214EPE, gli esperti ritengono che l’emersione della Omicron sia avvenuta proprio in un paziente con duplice infezione in atto. In parole semplici, durante la replicazione il SARS-CoV-2 avrebbe “catturato” un frammento del materiale genetico dell’altro virus dando vita alla nuova variante.(Fanpage.it)