A presiedere all’ evento, che ha avuto luogo nella sala consiliare di Palazzo De Fusco, primo fra tutti, il Sindaco di Pompei Ferdinando Uliano affiancato dall’ Assessore alla Cultura Pietro Orsineri; tra gli ospiti, il fondatore dell’ Associazione culturale ” Sándor Márai” di Salerno Renato Mazzei, Maurizio De Giovanni e la nipote dello scrittore ungherese.
La prima edizione del Premio Letterario Sándor Márai trova nella città di Pompei la cornice ideale, una terra emblematica per la storia e per la cultura ma a cui talvolta manca il coraggio di riproporre la propria grandezza, un coraggio che non è mancato all’ ideatore del premio Francesco Paolo Oreste che insieme all’ Associazione IN-Oltre ha dato vita a questa iniziativa creando «un concorso che potesse portare luce».
Non a caso la scelta è ricaduta sullo scrittore ungherese; lui, che a Salerno e nella provincia salernitana ha trovato esilio e asilo dallo scempio della guerra e dell’ olocausto, lui che ha saputo dare e ricevere amore da questa terra che lo ha accolto con empatia e calore, il calore dell’ anima.
Il sentimento di Márai verso la genuinità di coloro che qui in Italia l’ hanno fatto sentire a casa rimane impresso nel suo spirito, tanto da spingerlo a scrivere lettere affettuosamente struggenti agli amici salernitani durante il soggiorno nella lontana San Diego.
Forse proprio dai sentimenti e dell’ esperienza di coloro che sono venuti da altrove, e che inevitabilmente sono diventati emotivamente figli del nostro Paese, dovremmo imparare a riappropriarci della nostra identità.
Il Premio Letterario Sándor Márai lancia quindi un messaggio di speranza e, nella fortuita circostanza di avere tre donne come finaliste, di apertura e rinnovamento.
Andando di pari passo con la poetica della vincitrice del premio Cristin Maria Rabino, che nel suo racconto “Il rumore dell’ erba” enfatizza la sensorialità pìù che la narrazione, dovremmo essere in grado di sentire chi siamo, «recuperando l’ amore per le proprie tradizioni e la propria terra», invece che lasciarci definire e giudicare incresciosamente dagli altri.