Mario Draghi, dopo un anno e mezzo alla guida governo di unità nazionale, stamane ha rassegnato le dimissioni nelle mani del Presidente della Repubblica. Cinquecentoventidue giorni durante i quali ha dovuto far fronte a tre grandi emergenze “non rinviabili”, come sottolineò Sergio Mattarella, al momento della nascita dell’esecutivo: il covid, la crisi economica e quella sociale. Ieri, dopo dieci ore ad altissima tensione al senato, l’epilogo. La richiesta di un rinnovato patto di fiducia è naufragata nei 95 voti favorevoli.
Troppo poco per andare avanti, considerata l’annunciata assenza in aula di Lega e Forza Italia, due delle componenti della maggioranza che avevano presentato una loro mozione di fiducia, non accolta da Draghi, che ha preferito il voto su una più netta per il sì o il no. Quanto agli esponenti del Movimento 5 Stelle, che avevano già palesato il loro dissenso la settimana scorsa, sono rimasti a Palazzo Madama come “presenti non votanti” per consentire il numero legale.
Lo scontro con il M5s, che di fatto aveva aperto la crisi, si è consumato sulle armi in Ucraina, sul superbonus, sul reddito di cittadinanza, sui rigassificatori e il termovalorizzatore di Roma.
Questa mattina, dopo un brevissimo annuncio alla camera, Draghi ha ringraziato e salutato i deputati. È salito poi al Quirinale per un colloquio con il Capo dello stato durante il quale, «dopo aver riferito in merito alla discussione e al voto di ieri presso il senato, ha reiterato le dimissioni sue e del governo da lui presieduto», ha dichiarato il Segretario generale della presidenza della Repubblica, Ugo Zampetti. «Il Presidente della Repubblica ne ha preso atto, il governo rimane in carica per il disbrigo degli affari correnti».
Mattarella riceverà i presidenti delle Camere, così come indicato dall’articolo 88 della Costituzione. L’incontro con Casellati e Fico ha come oggetto la valutazione sullo scioglimento delle Assemblee parlamentari.
Tante le reazioni dall’estero. A partire da Bruxelles dove il Gruppo dei Socialisti e Democratici critica i «populisti, assieme al Partito popolare, che sono i responsabili della crisi». La Commissione UE ufficialmente non commenta, ma rimanda agli stretti legami tra Draghi e Von der Leyen.
Anche dagli Stati Uniti, arriva un commento pur senza intervenire su questioni di politica interna, nel «rispetto» delle decisioni italiane, la Casa Bianca fa sapere che «la partnership con l’Italia è forte e continueremo a collaborare a stretto contatto su una serie di questioni prioritarie, tra le quali il sostegno all’Ucraina contro l’aggressione della Russia».
Gli esiti della crisi stanno lasciando il segno anche in Borsa. Questa crisi di governo arriva in momento meno opportuno per il Paese e per quanto è sullo scenario internazionale da un punto di vista impegni e crisi Russo-Ucraina, Draghi si è dimostrato un vero statista sia durante i vertici europei che quelli Internazionali facendo risalire come da anni la stima ed il prestigio per la nostra nazione,
Nelle sue partecipazioni ha saputo ben interpretare il ruolo istituzionale guadagnandosi ammesso che c’è ne fosse il bisogno, la stima ed il rispetto dei colleghi oltreconfine, ponendo il risalto la politica estera ed una indiscussa leadership italiana nel contesto internazionale.
A cura di: Raffaele Fattopace