(ANSA) – “L’idea che il carcere debba essere
più afflittivo dimentica le condizioni in cui si trovano molte
delle nostre carceri e che la pena detentiva consiste nella
privazione della libertà e non dei diritti fondamentali”. Così
il capo del Dipartimento per l’Amministrazione penitenziaria
Carlo Renoldi, in un videomessaggio al Salone della Giustizia
sul rapporto tra carceri e media.
“Capita spesso che il carcere venga identificato con la pena
tout court, da un lato si afferma la necessità di più carcere,
stigmatizzando il ricorso alle misure alternative e dall’altro
si afferma che solo l’afflittività del carcere possa svolgere
una funzione di deterrenza”: sono posizioni che “attraversano
legittimamente il dibattito pubblico” ma, secondo Renoldi,
dimenticano che ovunque esiste un “catalogo di sanzioni che
vanno oltre il carcere”, e anche ad esempio il sistema
statunitense fa ampio ricorso alla probation.
Per il cado del Dap, quindi, “se di nuove carceri si deve
parlare, e a mio avviso è anche giusto farlo, lo di deve fare
per chiudere quelle vecchie e impresentabili, costruirne di
nuove maggiormente ideone a realizzare l’obiettivo del
recupero”. “I detenuti – aggiunge – sono chiamati a un percorso
di cambiamento, che è un diritto ma anche un loro dovere”: la
rieducazione è “un impegno che come istituzioni della repubblica
abbiamo e che come Dap avvertiamo come una scommessa”, conclude
Renoldi. (ANSA).