Dal 24 sera al 31 agosto mattina ho partecipato insieme con altri ad un corso di esercizi spirituali presso la Casa di Esercizi PP. Gesuiti, Cappella Cangiani, Napoli, sotto la guida di uno stimato confratello. La compagnia dei partecipanti era formata da 18 esercitanti, di cui la metà donne di mezza età, provenienti in gran parte da Roma, impegnate nella scuola ed in altre attività, certo madri di famiglia che talora lasciavano trasparire nel volto i problemi che si portavano dentro. Nella prima cena discorrendo con una giovane partecipante romana, che occasionalmente frequentava comunità neocatecumenali, mi diceva che la preghiera in questi gruppi assumeva toni “rumorosi”, mentre nel metodo ignaziano seguito nel corso era suggerito un assoluto silenzio da tutti seguito. Ho notato che soprattutto le partecipanti erano provviste del testo della Bibbia di Gerusalemme, alcune del libretto degli esercizi spirituali, e tutte prendevano diligentemente appunti degli spunti di meditazione.
Senza entrare nel merito dell’esperienza personale, la prima osservazione è che laici, preti e suore erano partecipi della stessa esperienza spirituale al di là di divisioni di genere, di ruoli , ecc., nella ricerca della volontà di Dio nella propria vita di fronte all’Assoluto, il resto erano distinzioni di carattere sociale anche nella stessa Chiesa e quindi di per sé mutabili. In secondo luogo, queste esperienze non sono solo a vantaggio personale per una maturazione nella vita cristiana, ma una risorsa per la stessa comunità cristiana e la società in cui si vive. Diverse volte nel corso dei pasti guardando alle mie dirimpettaie silenti mi sono chiesto come potrebbero essere meglio valorizzate non solo nella vita della chiesa, considerando che nella nostra società donne gestiscono istituti scolastici, servizi pubblici, organizzazioni ed istituzioni varie e nella chiesa sono a capo di gruppi, movimenti, comunità, associazioni ed insegnano in Facoltà teologiche.
Rimane una remora non facilmente scalfibile per note ragioni riguardo l’accesso al sacerdozio ministeriale, a cui per esempio uomini e donne maritati/e o vedovi/e, provati per età e gestione della propria famiglia, potrebbero accedere dopo un discernimento all’interno delle comunità cristiane in riferimento non solo ad idonea preparazione ma ad una ricchezza spirituale. Siamo convinti da una parte che solo la suprema regola del bonum animarum potrà far accedere uomini e donne sposate o meno alla celebrazione della cena del Signore. E dall’altra che donne caratterizzate da intensa vita spirituale e preparazione possano fin d’ora dare un contributo prezioso in varie forme all’animazione delle comunità cristiane per una maturazione della vita cristiana, nel contesto di una vita di chiesa aperta al dialogo, al confronto, alla partecipazione secondo i doni ricevuti senza clericalismi di ritorno fuori tempo.
Certo gli esercizi spirituali hanno un nativo carattere individualistico o meglio personalistico che pone l’esercitante di fronte a Dio in diverse attività spirituali. Il teologo Karl Rahner in un brillante saggio intitolato “Discorso di Ignazio di Loyola a un gesuita moderno” (Edizioni Paoline 1979), oltre a caratterizzare la spiritualità ignaziana come individualismo mistico e tecnica razional-psicologica, tipica dell’evo moderno e quindi verso il tramonto, fa dire ad Ignazio di Loyola dalla beata eternità che questo individualismo religioso acquista nuova importanza nell’epoca successiva a quella moderna in cui il singolo rischia di scomparire nella massa superorganizzata. «Non ho nulla contro il fatto che oggi cerchiate di scoprire, sperimentare e ambientarvi nell’elemento comunitario, nel gruppo vivo, nella comunità fraterna di base, e ciò sia in campo religioso, sia negli altri settori della vita. Siate però prudenti e guardinghi. Il singolo non si dissolve mai completamente in seno alla comunità».
Nello stesso tempo, per trovare la propria vocazione di fronte a Dio, bisogna avere lo sguardo cosmopolita sul mondo della Trinità nella meditazione dell’incarnazione e prendere sul serio la chiamata del Re eterno ad instaurare il suo Regno di giustizia e di pace secondo le diverse condizioni sociali nei vari scacchieri del pianeta. Altrimenti è un perfezionamento individualistico di un ceto medio tranquillo, ma vocato a spendersi per l’umanizzazione della vita sociale secondo giustizia, pace e libertà. Se non incontriamo Dio con questo sguardo anche oggi su gli umani del pianeta per una riconciliazione universale, che Dio è!