Oggi si è tenuto il convegno “Detenuti e lavoro: buone prassi e criticità”, con la presentazione del nuovo Polo Arti e Mestieri, presso il Centro Penitenziario di Napoli Secondigliano “Pasquale Mandato”.
Ad aprire la giornata è stato Samuele Ciambriello, Garante regionale delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale, che ha presentato e moderato i vari interventi.
Introduzione
“I dati dell’amministrazione penitenziaria sono questi: solo 3 detenuti su 10 lavorano e nel periodo gennaio-giugno 2022, il 3,2% dei detenuti in Italia ha concluso un corso di formazione professionale”, afferma Ciambriello.
“Il lavoro in carcere resta una chance per pochi. Solo il 4,5% dei detenuti svolge attività con aziende e cooperative, mentre la formazione è in calo insieme alle statistiche dei percorsi formativi all’interno degli istituti penitenziari che non hanno mai brillato. Negli ultimi 30 anni, la quota più alta dei detenuti coinvolti è del 2004, pari al 5,7% del totale”.
“Nella nostra regione il rischio è proprio questo, quello di poca insistenza sull’impegno concreto della politica su questi temi”.
I lati positivi, secondo il Garante: “La regione, la scorsa settimana, ha investito come cofinanziamento 600mila euro su un importo di cassa ammenda di 2 milioni”.
“Il lavoro, insieme ad istruzione e formazione, rappresenta uno dei pilastri dell’esecuzione penale, la quale deve tendere alla rieducazione del condannato, così come è stabilito dalla Costituzione. L’idea di fondo sarebbe quella di attuare un percorso concreto nel reinserimento nel mondo del lavoro, tuttavia i dati riscontrati risultano allarmanti. A Poggioreale, solo il 13% dei ristretti lavora alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria”.
Una grande differenza tra Nord e Sud viene evidenziata: “In Campania le cooperative sociali sono appena 14, in Lombardia sono 96”.
“Su tale squilibrio non basta chiamare in causa la differenza strutturale del tessuto produttivo campano rispetto al lombardo,– afferma Ciambriello- bensì occorre evidenziare che nel primo caso non c’è la predisposizione a concepire il lavoro come parte del percorso di rieducazione e reinserimento sociale”.
“Appare evidente che su tale tematica, così come sul campo del lavoro, istruzione e formazione, ci sia molto da fare. Occorre agganciare attività formative al conseguimento di una certificazione delle competenze professionali, in quanto, i ristretti lavoranti, una volta liberi, non hanno nulla che attesti le competenze da loro acquisite. E’ importante che i detenuti vengano formati per svolgere non solo lavori tradizionali, ma anche innovativi”.
Importante, infine per il Garante, la “promozione della sinergia istituzionale. Fare rete, fare squadra” tra le istituzioni.
Patrizia Mirra, Presidente del Tribunale di Sorveglianza, prende parola sulla delicata questione del lavoro nelle carceri: “Centralità del lavoro come elemento del trattamento penitenziario, come forma rilevata e idonea a creare un anello di congiunzione tra devianza e reinserimento sociale, avvicinamento ad una società che fa del lavoro un elemento identitario”.
Lucia Castellano, Provveditore Regionale Amministrazione Penitenziaria, ha dichiarato: “La collegialità di interventi noi la stiamo costruendo con molta fatica e deve essere costruita i un posto dove la prima attenzione deve essere la corretta selezione dei detenuti nell’ambito regionale e alla costruzione di istituti che abbiamo una vocazione istituzionale precisa”. “Proveremo a collocare ciascuno dei nostri ospiti nel posto giusto affinché possa usufruire di tutto questo”.
“Il grande impegno di tutti noi è quello di cercare di ricomporre i pezzi di quella persona. Può essere farro solo attraverso la rete, questo sforzo sinergico di tutti noi”, queste le parole delDirigente Ufficio interdistettuale di Esecuzione Penale Esterna di Napoli, Claudia Nanola
“Il lavoro può cercare di ricostruire l’identità frantumata”.
Cooperative e politica
E’ intervenuta Imma Carpiniello, della cooperativa “Lazzarelle” : “Noi lavoriamo all’interno del carcere femminile di Pozzuoli da 12 anni. Abbiamo iniziato con una torrefazione assumendo le donne”.
“Abbiamo sempre battuto sui contratti. Se vogliamo fare determinate cose è giusto che diamo contratto regolare con elementi qualificanti nel tempo”.
“Il lavoro diventa un elemento fondamentale perché la nostra esperienza è stata di ricostruzione del se che passa attraverso il lavoro remunerato perché si danno regole e obiettivi”.
Fiorenzo Vespasiano, Vicepresidente Cooperativa “Il Germoglio”: “Oltre ad attività agricole tipiche della nostra zona, abbiamo messo su una rete che nel carcere ha favorito l’attività lavorativa con enti del terzo settore, formazione professionale e istituzioni”.
“Abbiamo usato i lavori di pubblica attività per sconfiggere la problematica del pregiudizio. Attraverso borse lavoro abbiamo permesso di affrontare varie attività lavoratici con Asl e comuni”.
L’Assessore alla Formazione Regione Campania, Armida Filippelli, è intervenuta: “Le istituzioni devono essere molto vicine al mondo del carcere per fare rete insieme”. “Capire come aiutare queste persone a rigenerarsi, come possono essere terapeutici questi percorsi e come si costruiscano delle competenze che vanno certificate”.
“Manca l’onore, capire che queste persone hanno un onore e hanno bisogno di riscoprirlo. Noi gli diamo delle regole, il mondo è fatto di regole che tante volte non vengono rispettate e pregiudicano a delle conseguenze”, così ha parlato il Maggiore Luca Cruciato, Esercito Italiano.
Francesco Piedicini, Presidente NCIS: “Cooperativa nata nel carcere di Benevento. La maggior parte dei soci sono donne. Si è costituita per dare una possibilità concreta lavorativa ai soci che escono dagli istituti penitenziari”.
“Dare la possibilità ai soci detenuti di essere imprenditori di se stessi e far parte direttamente della cooperativa”.
Valentina Ilardi, Presidente Cooperativa Articolo 1, ha portatato la sua testimonianza: “La cooperativa è un braccio della pastorale carceraria e associazione “Liberi di volare”, molto radicata nel territorio napoletano per le attività di detenuti in misura alternativa”.
“Si occupa del reinserimento lavorativo dei detenuti”.
“Abbiamo lavoratori di artigianato nati dall’esperienza dei colloqui con i detenuti conosciamo persone con esperienza”.
Antonio Marchiello, assessore al lavoro Regione Campania: “Noi facciamo per i disoccupati la profilazione, vanno presso i centri del lavoro e dicono chi sono e le loro qualifiche professionali per lavorare. Immaginavo di fare sportelli presso le strutture carcerarie”. “Fare schede e un percorso unico per queste persone diventa fondamentale”.
“Se diamo qualità sono le fabbriche che devono chiedere la qualificazione e la trovano in questi ambienti”.
Massimo Telese, sartoria Palinger Srl: “Siamo star up innovativa a vocazione sociale. Abbiamo due presupposti su cui verte la nostra società: possibilità di recupero di tessuti e competenze e recupero di persone diversamente libere”.
“Abbiamo in questo momento 7 detenute assunte che stanno facendo un percorso di acquisizione di competenze”.
Obiettivo è “fare in modo che possano mantenere i rapporti con la Palinger”.
Marco Botta, Presidente MOA di Eboli, ha esposto il progetto del suo museo che si muove in un contesto ricco di pregiudizi.
Massimo Parisi, Direttore generale del Personale e delle Risorse del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, ha affermato : “Stiamo cercando di portare a termine una campagna di assunzione di personale su tutti i profili”. “Dobbiamo stare attenti a come impieghiamo queste risorse”.
“Non possiamo commettere l’errore di accontentarci ad avere nuove risorse senza che questo determini un miglioramento dei servizi che abbiamo”.
“Abbiamo lanciato una campagna economica di intervento sugli spazi trattamentali” “per riqualificare spazi e attrezzature”. “Le risorse ci sono e dobbiamo spenderle bene”.
Don Vincenzo Federico, Cooperativa “Il sentiero”: “Una persona deve e ha il diritto di dover ricominciare per riprendere la sua vita”.
“La società e il mondo ecclesiale deve rispondere a questa voglia di riscatto e reinserimento. Far crescere l’umano che c’è in queste persone”.
Rita Caprio, Presidente Cooperativa “L’uomo e il Legno”: “La nostra realtà nel carcere insiste da quasi 10 anni. Ci siamo affermati partendo con il laboratorio di falegnameria fino ad ottenere un comodato di ettari di terreno e al momento abbiamo impegnato detenuti che appartengono all’alta sicurezza”.
“Con il nostro agronomo siamo riusciti a mettere su una realtà dando vita al progetto campo aperto”.
La parola poi a Ciro Corona, Presidente Resistenza Anticamorra: “Se dobbiamo creare alternative significa creare lavoro. Nella nostra associazione abbiamo 14 ettari confiscati dove produciamo la falanghina dop e fattoria didattica”.
“Oggi ospitiamo 120 detenuti all’anno”.
Giovanna Tesoro, Educatrice della casa circondariale di Santa Maria Capua Vetere: “Noi educatori siamo quegli educatori deputati all’analisi dei bisogni delle persone recluse e individuazione dei percorsi come il lavoro. Cerchiamo di far sì che le persone che hanno rotto per qualunque motivo il patto sociale, possano tornare in società migliori di quando sono entrate”.
Sonia Specchia, Segretario Generale delle Casse Ammende, si è esposta sull’argomento: “Noi lentamente ogni anno mettiamo un tassello sul fare sistema”. “Gli istituti penitenziari riguardano il territorio, devono costituire una parte fondamentale dello sviluppo del territorio”.
“Dobbiamo portare avanti le buone prassi e consolidarle”. “Il carcere può essere un luogo dove dare nuove opportunità di riferimento” ed è ciò che si cerca di fare attraverso i bandi.
Giulia Russo, Direttrice Casa Circondariale Secondigliano “Pasquale Mandato”, ha concluso presentando la nuova apertura del polo: “Oggi parliamo dell’apertura ufficiale del polo arti e mestieri”. Una formazione di attività che si possono spendere all’esterno del carcere.
Il polo si compone di 4 lavorazioni penitenziarie: falegnameria fabbri, sartoria, digitalizzazione, meccatronico. Consente di “fare un salto all’esterno” e finalmente dare certificazioni che possono consentire al detenuto una nuova vita fuori dalle mura.