Al convegno “Detenuti e lavoro: buone prassi e criticità” presso il centro penitenziario di Secondigliano, è stato presentato il nuovo Polo arti e mestieri.
Partecipanti alcuni detenuti che hanno lasciato la loro testimonianza sul lavoro svolto in carcere, con punti di forza e problemi.
Salvatore ha affermato: “Sono molti anni che sono detenuto. Ho commesso i miei errori da ragazzo, oggi sto pagando ed è giusto che pago”. “Ognuno di noi ha potenza lavorativa e ogni giorno diamo il meglio di noi lavorando. Io mi occupo del giardinaggio, spero che questa opportunità mi venga data anche fuori”.
“L’aiuto che chiediamo alle istituzioni è di non abbandonarci lavorativamente”, il messaggio conclusivo di Salvatore.
Anche Antonio ha espresso la sua testimonianza: “Sono detenuto da 5 anni e da circa 3 anni sono recluso ad Eboli dove ho iniziato un percorso di recupero. Svolgo volontariato presso il MOA come accompagnamento e pulizia”. “Il direttore svolge un’attività importantissima che ci permette di affacciarci all’esterno e ci guida per riprendere la nostra vita”.
Il problema è sempre il dopo, infatti Antonio dichiara “sento la mancanza delle istituzioni che dovrebbero affiancarci e portarci alla fine di questo percorso”. “Ci vuole coraggio a cambiare questa vita per approcciarmi ad una nuova”.
Infine Carmela ha deciso di rilasciare la sua storia: “Sono detenuta in semi libertà dopo anni di mura. Ero al carcere di Benevento dove la direttrice ebbe l’idea di costituire una cooperativa di detenuti soci, una parola che ti dà dignità”. “Mise tutte donne in questa sartoria”.
“Mi sento già parte della società, ma non del tutto“. “Una volta uscita non avrò una qualifica”.
Queste testimonianze fanno capire questo il lavoro sia importante per la dignità delle persone e, soprattutto, per il reinserimento sociale, fine ultimo del sistema carcerario.