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L’intervento di Rita Bernardini alla presentazione del progetto “Il viaggio della speranza: visitare i carcerati”

 

Stamattina si è tenuta, presso la Sala Nassirya del Consiglio Regionale della Campania, la conferenza stampa di presentazione al progetto “Il viaggio della speranza: visitare i carcerati”. Ad aprirla è stata Samuele Ciambriello, Garante delle persone private della libertà personale, che ha sottolineato la necessità di misure e azioni concrete il prima possibile per favorire il reinserimento sociale dei detenuti, troppo spesso abbandonati a sé stessi. L’iniziativa ha proprio questo scopo ed è stata promossa, oltre che dal Garante, dall’associazione Nessuno tocchi Caino, dall’Osservatorio Carcere dell’Unione delle Camere Penali Italiane e dal Movimento Forense-Dipartimento Carceri.

Alla conferenza stampa era presente anche Rita Bernardini, presidentessa dell’associazione “Nessuno tocchi Caino”, che ha inizialmente parlato del nome dell’iniziativa:

“Abbiamo voluto sottolineare questo dato della speranza nel nostro progetto, dell’essere speranza per incarnarla, come ci ricordava Marco Pannella, perché se la si incarna le cose cambiano attorno a te; se c’è solo disperazione difficilmente si può migliorare. Al momento il viaggio della speranza è cercare di ridurre il danno del carcere, che più che migliorare le persone e offrire sicurezza, offre insicurezza come dimostrano i dati riguardanti le carceri di tutta Italia.”

Successivamente si è soffermata su alcune criticità del sistema penitenziario, che nonostante i costi elevati non offre ancora soluzioni adeguate:

“Il nostro sistema penitenziario costa una cifra sbalorditiva, 3 miliardi e 200 milioni. Lo Stato, per tutta l’amministrazione della giustizia, spende poco meno di 7 miliardi. La cifra miliardo non giustifica le risorse impiegate nell’amministrazione penitenziaria. Bisognerebbe investire su misure alternative o pene sostitutive perché creerebbero minore recidiva, ma non in questo modo.

Le forze destinate a queste misure, come le comunità che dovrebbero ospitare le persone tossicodipendenti e gli investimenti fatti sulla salute mentale, non sono sufficienti.

Adesso rischiamo la riapertura dei manicomi perché quando entriamo nelle carceri ci chiediamo se da un momento all’altro una di quelle persone non possa suicidarsi: è evidente lo stato di alterazione e di mancanza di cure.

Non solo mancano gli psichiatri, il problema è sanitario perché sono state tolte risorse ai dipartimenti di salute mentale che dovrebbero fare prevenzione. Molti commettono reati e finiscono in carcere perché non vengono seguiti da nessuno. Credo che sia questo uno dei modi intelligenti di occuparci della cosa, mettere le mani nell’indirizzo fallimentare delle risorse.”

Ha concluso poi dicendo:

“Questa opera, che mi auguro continui a vederci insieme, ha anche qualcosa di fattivo concreto e immediato: siamo obbligati a presentare, ogni volta che facciamo una visita ad un carcere, una relazione al DAP, perché nessuno possa dire poi di non essere a conoscenza di quelle realtà. “

 

Di Claudio Bencivenga

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