Siamo agli sgoccioli del 2023, come se l’è cavata quest’anno il nostro Belpaese? Il 57esimo Rapporto Censis – 2023 ci racconta un Paese di «sonnambuli», cioè «persone apparentemente vigili incapaci di vedere i cambiamenti sociali, insipiente di fronte ai cupi presagi», infatti «alcuni processi economici e sociali largamente prevedibili nei loro effetti sembrano rimossi dall’agenda collettiva del Paese, o sono comunque sottovalutati».
Ma numeri e percentuali non sono da leggere come un insieme freddo di calcoli e dati bensì come la storia di un Paese fatto di persone reali in quel determinato momento. I dati riguardano molti aspetti socio-economici dell’Italia dal lavoro, alla famiglia, alle paure, al benessere, ai diritti.
Il primo presagio che stiamo ignorando è sicuramente la crisi demografica: il trend sta anticipando un calo continuo delle nascite fino al 2040, quando si prevede che solo una coppia su quattro avrà figli. Le famiglie composte da una sola persona aumenteranno fino a raggiungere il 37% del totale. Di queste più della metà saranno costituite da anziani. Nel 2050 ci saranno sempre più anziani e sempre più soli.
“L’impressione è che dovremo imparare a convivere con un modello diverso, un assetto sociale sempre più dettato dalla solitudine, non solo dei più poveri e dei più fragili, ma come dimensione generalizzata”, così ha commentato Giorgio De Rita, segretario generale Censis.
I giovani tra i 18 e i 34 anni sono già diminuiti di quasi 3 milioni in vent’anni e per il 2050 si immagina che diventino solo 15,2% della popolazione. A questo dobbiamo aggiungere l’emorragia dei giovani stessi verso l’estero.
Praticamente tra neanche trent’anni in Italia mancheranno all’appello milioni di residenti, pari a Roma e Milano messe insieme. Ciò vuol dire anche una drastica diminuzione della forza produttiva del Paese.
In questo quadro non meraviglia che gli italiani si sentano sopraffatti dalle paure. Il rapporto descrive uno stato d’animo da scenario distopico. Gli italiani non si sentono tranquilli per i loro risparmi in balìa dell’inflazione, temono una crisi economica, il clima impazzito, una guerra mondiale, attacchi terroristici. Per il 73% della popolazione l’Italia non sarà in grado di gestire i flussi migratori, mentre aumentano le preoccupazioni sulle pensioni e sulle future prestazioni della sanità pubblica. In generale l’80% degli italiani reputa l’Italia un Paese in declino.
Nonostante tutto, sui diritti non ci sono dubbi. Con percentuali che vanno ben oltre la metà della popolazione, gli italiani sono favorevoli all’eutanasia, al matrimonio tra persone dello stesso sesso, all’introduzione dello ius soli.
Per quanto riguarda il lavoro il rapporto segnala un divario di genere nelle retribuzioni che persiste, con le donne pagate meno degli uomini a parità di mansioni ed età.
Se il record di occupati registrato farebbe pensare a un’àncora di salvezza in questo mare in tempesta, invece i numeri ci chiariscono che la crescita dell’occupazione non corrisponde a quella economica che, al contrario, sta rallentando.
Anche se l’occupazione cresce le priorità degli italiani non sono più legate alla centralità del lavoro e all’agiatezza bensì al benessere quotidiano che deriva dalle piccole cose di ogni giorno.
L’italiano medio, dunque, preferisce trovare conforto in una visone quasi romantica delle vita, rivalutando questo tipo di felicità, cercando di gestire lo stress e dedicandosi di più alle relazioni.
Sicuramente questo non basta per risollevare un Paese dove «tutto è emergenza: quindi, nessuna lo è veramente».
Nonostante le grandi potenzialità, siamo comunque molto indietro come si capisce bene di nuovo dalle parole di Giorgio De Rita, segretario generale del Censis: «Siamo soffrendo alle radici, la parte meno visibile del Paese che fatica a reagire. L’Italia è un Paese compromesso nelle sue radici, dove il modello di sviluppo è usurato e c’è la consapevolezza che senza crescita non c’è futuro. Dobbiamo imparare a convivere con un modello di sviluppo diverso, dove dovranno aumentare stipendi e investimenti perché non possiamo accontentarci della resilienza degli italiani».
Nel frattempo ripartiamo proprio dalla resilienza e speriamo che il nuovo anno ci riservi grandi sorprese.
Rosalba Carchia