Di Padre Domenico Pizzuti
Sazio della pur abile comunicazione politica del Premier Renzi e degli eguali vari talk show politici della TV, ho riletto nelle scorse settimane tre volumetti riguardanti l’ambito della politica. Il primo di Max Weber (Einaudi, Torino 2004) raccoglie il testo delle due conferenze “La scienza come professione” e “La politica come professione” che tenne a Monaco rispettivamente nel novembre 1917 e nel gennaio 1919 in un ciclo di conferenze sul “Lavoro intellettuale come professione” organizzate dall’Associazione dei Liberi Studenti e che anche i giovani d’oggi più o meno impegnati in politica o nella società farebbero bene a rileggere.
Il contributo che Max Weber diede alla politica tedesca del tempo, secondo la metodologia della Scienza come professione, è consistito nel suo pensiero politico per rendere possibile un agire politico degno di queste nome. Astenendosi da prese di posizione dirette, in questa disanima tentò di offrire un contributo alla teoria della politica, di cui alcuni concetti fanno tuttora parte. Così la definizione del concetto di politica, i fondamenti della legittimità del potere (tradizionale, carismatico, legale), la distinzione tra politica dei principi e politica della responsabilità, il complesso rapporto tra politica ed etica, il capo politico carismatico e la democrazia, e così via. Rispetto al rapporto problematico tra politica ed etica, rileva che chi fa uso della politica come potenza fa un patto con potenze diaboliche. In una recente trasmissione di “Otto e mezzo” il Prof Cacciari di passaggio faceva notare che Renzi è dotato di una smisurata volontà di potenza (sic), e aggiungiamo forse ha fatto un patto con potenze diaboliche.
Non è inutile richiamare che per Weber con il termine “politica” si riferisce alla «direzione o all’influenza esercitata sulla direzione di un gruppo politico, vale a dire – oggi – di uno stato», una comunità di uomini che all’interno di un determinato territorio pretende il monopolio dell’uso legittimo della forza fisica. E con grande chiarezza precisa che significa «aspirazione a partecipare al potere o ad esercitare una qualche influenza sulla distribuzione del potere, sia tra gli stati sia all’interno di uno stato». È interessante notare una distinzione nell’attività politica, nei gruppi politici di una certa ampiezza nei quali il detentore del potere viene periodicamente eletto, l’ attività politica necessariamente si configura come un’ “attività di interessati” alla partecipazione al potere politico. In pratica significa la divisione dei cittadini con diritto di voto in soggetti politicamente attivi e politicamente passivi. Rispetto al funzionario politico che non è attrezzato per fare il demagogo come il politico, osserva che «oggi si fa politica in misura crescente di fronte all’opinione pubblica con i mezzi della parola, con scritti e discorsi». Naturalmente sono cambiati i mezzi della comunicazione politica per la diffusione e l’uso di nuove tecnologie.
In un’ intervista di Luca Colombo, Facebook Italia, apparsa in data 2 ottobre su Huffingtonpost nota che Renzi si rivela un buon interprete di quello che la tecnologia ed il digitale offrono oggi. E’ un riconoscimento del digitale come leva strategica per la crescita, l’efficacia e così via. In passato non c’è stato questo livello di apertura, che forse ha condotto al suo successo.
All’illustrazione del concetto di Carisma è dedicato un agile volumetto di Luciano Cavalli (Laterza, Bari 1995), che porta come sottotitolo “La qualità straordinaria del leader”, a cui si riferisce anche Max Weber in riferimento al carisma personale del capo politico. Per carisma si deve intendere «una qualità ritenuta straordinaria di una personalità, per cui questa viene creduta (essere dotata) di forze e proprietà soprannaturali o sovraumane, o almeno specificamente eccezionali, non accessibili agli altri, oppure come inviata da Dio o rivestita di valore esemplare», e quindi ottiene “riconoscimento” come capo (leader). Si tratta di un concetto sociologico, distorto e banalizzato dai media e dal linguaggio comune, uno strumento di lettura della realtà, un simbolo di speranza per la civiltà occidentale a rischio di morire pietrificata, a causa anche dell’inerzia delle popolazioni esasperata dalla società moderna intimamente pietrificata. Per Weber il concetto di carisma non è applicabile solo ai grandi personaggi della politica, della guerra e della religione, ma è un riferimento valido in ogni sfera della vita. La storia mostra come il leader “carismatico” usualmente emerge in “situazioni straordinarie”, e si crede ed afferma portatore carismatico, “straordinario”, della soluzione della crisi, ed ottiene “riconoscimento”. Il leader carismatico è dotato di una fascino e di una capacità di persuasione, e si sente portatore di un “dono particolare” che gli consente di poter dominare sempre la realtà. Ma questa consapevolezza in generale non è vissuta come “volontà di potenza” ma come una “missione” che lo fa strumento di un’entità divina, o della storia o della natura. Nelle dinamiche del mutamento storico anche della nostra epoca, l’attenzione senza facilonerie si rivolge a queste personalità portatrici di nuove visioni e nuovi valori. Di qui la domanda quale futuro per il “leader carismatico”, senza identificarlo con il leader politico di turno (il boy scout fiorentino), troverà spazi più ristretti in un epoca di secolarizzazione, oppure il disordine del mondo crea le condizioni per il ritorno del carisma come idea ed appello allo “straordinario”?
Infine, del terzo volumetto ne abbiamo parlato a venti anni dalla pubblicazione del noto testo di Norberto Bobbio “Destra e sinistra”, ripubblicato dall’editore Donzelli in una nuova edizione con introduzione di Massimo L. Salvadori e due commenti: uno di Daniel Cohn-Bendit, l’altro di Matteo Renzi, (“Innovazione e uguaglianza, la mia idea di destra e sinistra nell’Europa della crisi”), di cui un commento critico nel post del mio blog “Manifesto Renzi”, l’1 marzo 2014. È importante il sottotitolo di questo prezioso lavoro teorico “Ragioni e significati di una distinzione politica”. L’essenza intima di questa distinzione viene ritrovata nel diverso atteggiamento che le due parti – popolo di sinistra e popolo di destra – manifestano nel confronto dell’idea di eguaglianza. Coloro che si proclamano di sinistra nella loro condotta ed iniziativa politica danno maggiore importanza a ciò che rende gli uomini eguali, o ai modi di attenuare e ridurre i fattori della disuguaglianza che non è scomparsa ma si è accresciuta in vari campi nel processo di globalizzazione non dominato.
L’ultima che ho sentito dai componenti del clan Renzi: in seguito ai cambiamenti nel mondo del lavoro, non ci sono più padroni ma solo lavoratori, siamo tutti eguali! Ma, senza ignorare le conseguenze della crisi economica, a parte le imprese a conduzione familiare, continuo a ritenere che almeno nelle imprese di una certa dimensione persiste una asimmetria nel possesso dei mezzi di produzione e di potere. È ideologia?