Un ragazzino di 13 anni spedisce una propria insegnante in ospedale. Accade a Torre Annunziata, in provincia di Napoli.
“Un alunno di 13 anni aggredisce l´insegnante rea di non avergli concesso la possibilità di uscire dall´aula nell´orario di lezione. E´ accaduto nella sede di Rovigliano dell´Istituto Comprensivo Parini. Alla donna, che si è fatta curare presso l´Ospedale di Boscotrecase, sono stati diagnosticati trauma cranico e alcune contusioni con una prognosi di 5 giorni. Secondo la ricostruzione fornita dalla stessa insegnante, 40 anni di Terzigno, il ragazzo ha reagito al diniego prima ingiuriandola e poi colpendola con schiaffi e calci. Nel corso dell´aggressione, poi, la donna ha battuto il capo contro una porta. Il ragazzo, non imputabile, è stato segnalato dai carabinieri al Tribunale per i minorenni”.
E` una notizia di cronaca, riportata dai giornali locali, che potrebbe passare inosservata perché l’abbiamo letta in una settimana di avvenimenti più tragici, ma che ci deve spingere però a fare una riflessione sulla scuola, sull’adolescenza e sull’educazione.
Quello che è successo all’Istituto Parini non è un purtroppo un caso, è accaduto qualche tempo fa qualcosa di simile a Rovigo, mentre a Milano sono stati i genitori di un alunno ad aggredire una professoressa rea di avere rimproverato il loro figlio.
Alcuni giorni fa, infine, su La Repubblica, è comparsa la lettera di una professoressa che racconta:
“Insegno lettere in una scuola media e, durante l’estate, ho assegnato ai miei alunni il compito di leggere tre libri a piacere e di stendere una relazione. Correggendo i lavori, scopro che uno ha copiato per intero da Wikipedia (riuscendo a commettere errori di ortografia). Rimprovero in modo pacato l’alunno, spiegando che, se sperava di prendere in giro la professoressa e i compagni che hanno lavorato seriamente, ha in realtà preso in giro se stesso privandosi dell’opportunità di leggere e scrivere (in classe o all’esame non ci sarà Internet). Colgo l’occasione per spiegare proprietà intellettuale e plagio. Lo ‘scansafatiche’ smascherato chiama la madre che si precipita a scuola minacciando denunce a mio carico per aver inflitto una frustrazione al figlio. La mamma non spende una parola sui compiti copiati. L’alunno, sicuro nella sua impunità, rientra in classe baldanzoso di fronte ai compagni e trascorre la lezione distraendosi e disturbando. Quale il messaggio educativo?”
Questi solo alcuni dei casi finiti sul giornale, a fronte di numerosi episodi di prepotenza nei confronti di insegnati, sia da parte degli alunni, sia da parte dei genitori. Episodi minori che tutti gli operatori della scuola conoscono, e che fortunatamente si risolvono senza conseguenze, ma che dovrebbero essere un monito e un campanello di allarme. Il mondo dell’educazione è in crisi, e se questi sono i cittadini del domani, prepotenti e difesi ad oltranza dai genitori, quale futuro stiamo costruendo? E soprattutto, dove abbiamo sbagliato?
« L’errore più comune che i genitori commettono oggi nell’educazione dei loro figli è quello di non abituarli alla tolleranza della frustrazione: è come se si partisse dal presupposto che un bambino o un adolescente non siano in grado di tollerare i “NO” che invece, nella comune esperienza, risultano essere
formativi anche più dei “SI” concessi a buon mercato. » Questo il parere di Stefania Iele, psicologa e psicoterapeuta, che da anni si occupa di terapia familiare, che continua: « Da cosa deriva questo atteggiamento? Forse dal ritenere che l’infanzia debba assomigliare ad una specie di Paradiso Terrestre in cui tutto è a portata di mano? Forse dai propri sensi di colpa come genitore assente o inadeguato, rispetto ad uno standard elevato? Certamente, al di là della motivazione, i risultati sono sconfortanti: grande insicurezza nelle nuove generazioni e difficoltà a confrontarsi con una realtà che non regala tutto quello che si vuole senza sacrificio.»
Avvenimenti e pareri su cui riflettere, perché la scuola non può essere l’unica agenzia deputata all’educazione. Bisognerà ritrovare quella alleanza e unità di intenti tra scuola e famiglia che sembra inesorabilmente andata perduta. Bisognerà farlo, se si ha a cuore il futuro della nostra società.