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Quale accoglienza dei Rom in Italia?

Il mio amico romeno Nicu con la sua famiglia (moglie e tre figli) all’inizio di questa settimana è tornato a Calarasi in Romania. Me l’ha comunicato una sera qualche giorno prima di partire, senza farne una tragedia, perché la sua condizione di vita era diventata insostenibile. La decisione mi è giunta improvvisa, anche perché aveva iscritto due figli piccoli a scuola e mi ero adoperato per fornire tutto il necessario. Questa partenza ha lasciato un vuoto nella mia vita, anche perché mi ero preso cura della famiglia nel corso di sette anni, a partire da una grave malattia della prima figlia Marinella.

Li avevo incontrati all’ospedale per bambini Pausilypon dove era stata ricoverata Marinella per una grave forma di leucemia subendo una trasfusione che, pur riuscita secondo lo specialista, non garantiva grandi speranza di vita. Nel corso di tre anni aveva avuto tutte le cure possibili anche con costosi medicinali forniti dalle ASL, poi si era aggravata e il 26 ottobre verso le 17.00 il padre mi telefonò dall’ospedale chiedendomi mi accorrere per l’aggravamento delle sue condizioni. Mentre si era momentaneamente allontanato dalla stanza la bambina spirò letteralmente nelle mie mani invocando “Signore accoglila nel tuo Regno”. Ricordando sempre quel volto con gli occhi gialli iniettati di sangue, non essendo un bigotto, sono portato a ritenere che un giorno mi porterà per mano nel Regno di Dio. Secondo il costume il corpo fu portato nel Paese di origine per la sepoltura.

Ho continuato negli anni successivi ad aver cura della famiglia con la vicinanza e l’aiuto per le diverse pratiche (anagrafiche, residenziali, sanitarie) e così via in modo da sovvenire alle loro necessità primarie. Nicu e la famiglia erano alloggiati a Napoli nella zona della Doganella in una vecchia casa, in cambio di una guardiana di un’area con attività industriali. Era letteralmente controllato, maltrattato e vessato dal “padrone” di queste attività senza pagamento per altre attività richieste. Il suo lamento era che non aveva trovato un’occupazione che gli consentisse di mantenere la famiglia pur con tutta la volontà di lavorare, contentandosi di lavoretti occasionali o della raccolta e vendita di ferramenta e di altri oggetti. Insieme a questi aspetti, il modo inumano con cui era trattato dai “padroni”, la mancanza di prospettive lavorative, aveva reso la situazione insostenibile e forse accelerato la decisioni di ritornare nel suo Paese.

Tuttavia la decisione mi è giunta inattesa e non ero preparato, anche nel caso di un’altra famiglia romena da me curata è avvenuta una simile partenza dalla sera alla mattina per motivi non esplicitati che forse riguardavano la mancata accoglienza da parte della popolazione del paese dove vivevano. In tutti questi casi, non si tratta solo di mancate opportunità lavorative per Rom e simili, ma di modi inumani di trattamento non solo nei rapporti lavorativi, e più in generale di mancata accoglienza da parte delle popolazioni circostanti. In un colloquio di una decina di anni orsono con l’allora Prefetto di Napoli, dott. Alessandro Pansa, ora a capo della Polizia di Stato, alle mie osservazioni circa le condizioni di invivibilità dei Rom nell’area napoletana, mi faceva presente che non si trattava solo di incuria da parte delle istituzioni, ma dell’ostilità delle popolazioni circostanti. E’ noto che in attuazione della comunicazione della Commissione Europea n. 173/2011 dall’UNAR è stata elaborata la “Strategia nazionale d’inclusione di Rom, dei Sinti e del Camminanti” 2012-2020 che prevede interventi in tema di istruzione, lavoro, salute e alloggio, diversamente attuati nelle diverse realtà locali.

Da quanto mi è stato detto quando sono andato a salutarli, la loro principale preoccupazione era portare i figli in Romania presso la nonna paterna per lo loro cura, mentre i due genitori cercherebbero occupazione in Romania o anche in Italia. Mentre la madre con Jonella di 18 mesi mi accompagnava al pullman, mi confidava la sua eventuale sofferenza di stare senza la piccola per poter lavorare. Un pezzo della mia vita se ne è andato, con l’accompagnamento umano di una giovane famiglia romena in tutte le sue vicende. Il Signore li accompagni.

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