Il 30 ottobre scorso presso la Stazione marittima si è tenuto un importantissimo incontro promosso dalla Banca Europea per gli Investimenti (BEI) dedicato allo studio ed alla valutazione ed all’impatto sulle economie Mediterranee della strumentazione finanziaria a sostegno delle piccole e medie imprese Il convegno ha dedicato anche molta attenzione sia le strutture macroeconomiche che all’ importanza della PPP( Partenariato pubblico privato) allo sviluppo economico.
Il titolo del convegno era: Tools for Growth-Investment in Mediterranean regional area.
L’esame ha riguardato le economie di Egitto, Israele, Autorità palestinese, Libia, Giordania, Algeria, Marocco, Tunisia.
Si tratta dei partners commerciali del Mezzogiorno sui quali è concentrata la gran parte dei nostri traffici secondo le stime di SRM,società di ricerca dell’Istituto San Paolo/Banco di Napoli. Ovviamente non era presente nessun rappresentante di Regione E comune. L’unica presenza istituzionale doverosa è stata quella del Ministro Padoan
La discussione ha coinvolto “panels” prestigiosi. Si è parlato molto di strumentazione finanziarie per stabilizzare il sistema delle PMI,che,come per l’Italia, sono l’ossatura dei sistemi economici di quei paesi- e soprattutto di come rendere efficace, propositiva e produttiva la cosiddetta PPP (Private Public Partnership) ovvero Partenariato pubblico-privato. Il coinvolgimento del capitale privato può essere di grande aiuto alla sviluppo a condizione che la sua remunerazione venga garantita sia pure in tempi e modi diversificati.
E’ emersa una grave preoccupazione per l’incertezza della situazione politica della Regione Mediterranea.
Si è molto discusso delle attività di consulenza, spesso ridondanti e fonti di sprechi. Le consulenze ed il supporto economico vanno indirizzate verso le iniziative possibili.
Questa posizione mi sembra un po’ contraddittoria con la natura e le esigenze della ricerca.
Non mi è piaciuto il taglio tecnocratico della riunione con un sottofondo di palese disprezzo per la politica. Nelle sue conclusioni il direttore generale della BEI ha parlato apertamente della necessità di “allenare” e controllare i politici che, a suo parere, sono spesso inadatti a comprendere le complessità e le necessità della finanza ovvero delle condizioni con cui si garantisce la profittabilità degli investimenti. Ha parlato letteralmente di “need of coaching and mentoring politicians”
Ritengo sia compito precipuo della UE chiarire questi punti e stabilire la sequenza della catena di comando che dovrebbe vedere le strutture istituzionali europee determinare scelte ed opzioni lasciando agli organi tecnici,gerarchicamente sottoposti, l’onere della realizzazione. Occorrerebbe perciò una autorevolezza ed un prestigio che la UE non si è ancora conquistato. La contraddizione è insita nel fatto che mentre le istituzioni sono sottoposte all’alea delle elezioni che possono determinare il cambiamento della classe dirigente le strutture tecniche hanno dalla propria la persistenza nel tempo che comporta l’esistenza di un corpo di funzionari permanente che delle strutture tecniche garantisce la continuità
Gli armatori, per bocca di Grimaldi, hanno contestato le misure di protezione ambientale proposte dall’UE in materia di uso di carburante a basso tenore di zolfo e di garanzie di sicurezza mediante l’installazione su ogni nave della scatola nera e della “tools box” ovvero di un complesso apparato che controlla i punti sensibili della nave e ne registra gli andamenti- E’ scattata la solita lamentela contro i paesi asiatici che in materia ambientale si fanno pochi scrupoli e possono perciò permettersi comportamenti concorrenziali.
In questa discussione il Mezzogiorno dovrebbe essere presente perché quei paesi sono, obiettivamente un mercato di sbocco per la nostra economia. Ricorre in questi giorni il Ventennale del Patto di Barcellona che si proponeva di realizzare nel Mediterraneo una zona di libero scambio che per le incertezze politiche derivanti dalla cosiddetta “Primavera araba” incontra gravi difficoltà nella sua realizzazione.
L’Italia può e deve giocare un suo ruolo in questa vicenda. La nostra politica estera nel Mediterraneo deve puntare a creare una alleanza fra i paesi UE della regione ed i partner africani per bilanciare l’attività politica della UE troppo sbilanciata verso il settore Nord e centrale dell’Europa. Ciò non tanto per superare, come pure sarebbe necessario, il gap esistente fra le economie dell’Europa meridionale e quelle settentrionali, ma soprattutto perché da questo riequilibrio nasce il rafforzamento politico dell’Europa sullo scenario mondiale. Ritengo molto miopi comportamenti diversi, concentrati sulle economie nazionali che alla lunga, se non corretti, si riveleranno dannosi anche per chi si sente forte.
Discorso analogo vale per il nostro Paese. Nella legge di stabilità e nel cosiddetto “Sblocca Italia” il Mezzogiorno è sparito. Ad esso sono destinate quote irrisorie di investimenti. Intanto i suoi indici economici precipitano. Mentre a livello nazionale è previsto un incremento del PIL dello 0,4 % lo stesso indice per il Sud precipita al -1,9 % ovvero un meno 2,3 totale rispetto all’anno scorso. Per la prima volta dal 1860 la popolazione diminuisce ed i morti superano i nati,nonostante il forte contributo demografico degli immigrati.
Non si tratta del solito piagnisteo straccione dei meridionalisti alle vongole che rimpiangono l’età dell’oro dei Borbone.
Parlo dal punto di vista dell’interesse nazionale. Un Mezzogiorno desertificato renderà difficile anche la sopravvivenza dell’economia centro settentrionale .Esso rende più debole il sistema Italia nel suo complesso nei confronto sia dell’Europa, sia sullo scenario più importante dell’economia mondiale. Valorizzare gli elementi trainanti del Sud,le sue eccellenze,la sua posizione di predominio nell’armamento nazionale, le sue eccellenze nell’aero-spaziale e della ricerca possono essere un grande contributo allo sviluppo del Paese. Spiace dirlo ma non vedo una battaglia significativa delle nostre rappresentanze parlamentari su questo terreno.
E’ nell’interesse nazionale, nell’interesse della tenuta democratica che bisogna cambiare politica. verso il Sud. Siamo un terzo della popolazione italiana, abbiamo possibilità grandi di sviluppo. Siamo la parte più giovane del Paese. Noi possiamo salvare l’Italia con accorte politiche economiche e sociali che puntino a superare quel dualismo dell’economia italiana che molti danno per scontato e che, invece, è la vera causa dell’arretratezza e della debolezza del sistema Italia.