È uno dei professionisti più eclettici della Napoli bene. Intervistiamo il Prof. Francesco Fimmanò, Ordinario di Diritto commerciale dell’università del Molise e Direttore scientifico dell’Università telematica Pegaso, curatore fallimentare nominato dal Tribunale di Napoli per il fallimento Bagnolifutura. 10 anni fa era uno dei componenti della triade cui il Tribunale affidò il fallimento del Napoli, la difesa del titolo sportivo e che lo cedette ad Aurelio De Laurentis.
Professore, sono passati esattamente dieci anni dal fallimento del Napoli calcio, vi sono analogie?
«Direi proprio di sì: per rilievo sociale, per risvolti simbolici e di immagine per la nostra città, e perché è il risultato di una lenta ed inesorabile agonìa, dal finale abbastanza prevedibile. Come il Napoli il fallimento è stata una occasione perduta ed insieme una occasione da non perdere».
Prevede analogie anche in positivo, visto il successo di quella esperienza?
«Si usa dire che le crisi – come le guerre – sono occasioni di sviluppo. Certamente liberano energie e risorse. Ora come allora il fallimento fa chiarezza e chiude l’inutile e lungo stillicidio dell’immobilismo. La curatela può solo creare (o meglio potrebbe creare in astratto) le condizioni migliori, come accadde allora».
E chi dovrebbe coglierle, il Comune di Napoli?
«Guardi, a prescindere da chi incarna oggi la istituzione comunale, certamente non mi pare ci siano le condizioni economiche per una realizzazione di questa importanza. Soprattutto se si vuol cogliere l’ultima grande che Napoli ha. Poi sinceramente mi pare che per fare le cose occorrono idee chiare e qui non ne vedo».
E l’intervento del Governo? De Magistris ha parlato di un esproprio?
«Innanzitutto prima dell’evocato esproprio c’è stato lo spossessamento generato dal fallimento, bastava ricapitalizzare la società pagare i debiti e tutto sarebbe rimasto al Comune. Ora senza voler entrare nel merito, anche su questi temi occorrerebbero idee più chiare, altrimenti si genera confusione e si fa disinformazione. Anche il Napoli sarebbe rimasto agli azionisti se avessero ricapitalizzato».
Quindi ha fatto bene Renzi? Nel senso che scavalca l’ente che si è dimostrato incapace?
«Guardi non mi porti su terreni che non appartengono al mio ruolo. Anche il Governo deve dimostrare ancora di voler fare scelte giuste. In verità la norma speciale è molto confusa e difficilmente realizzabile. Visto il carico delle responsabilità, sarei l’uomo più felice del mondo se quel decreto potesse realizzarsi domani anzi oggi, ho dubbi sul piano tecnico. Prima di curatore e avvocato sono un giurista e le norme le studio, le insegno. Non mi sembrano proprio norme di un legislatore brillante. La conversione dei crediti in azioni è oggetto di uno dei miei saggi di maggior successo, tradotto in sette lingue, ma una cosa è fare il professore ed elaborare teorie, l’altra è l’applicazione operativa».
Quindi non condivide l’intervento normativo?
«Il problema non è tanto risolvere la questione fallimentare, per quella esistono strumenti appositi per cui non occorreva neppure la legge. Occorre viceversa per cambiare programmazioni sbagliate che rappresentano al tempo stesso alibi per qualcuno ed ostacoli insormontabili per altri. Veda immagino cosa accadrà nelle conferenze di servizio, ed ancor peggio in provvedimenti unilaterali del commissario straordinario, impugnative e cause, l’una dietro l’altra. Insomma la storia che si ripete. La programmazione resta un problema del territorio. Le leggi non sostituiscono gli uomini, le idee, i popoli, i sindaci, le amministrazioni. Ecco».
Ma è vero che ha avuto molte perplessità ad accettare l’incarico?
«Credo che l’esperienza serva a valutare bene le difficoltà. La vicenda presenta criticità notevoli. E le dico più passa il tempo più divento pessimista. Il fallimento rischia di diventare il coperchio sotto cui parcheggiare per altri lunghi anni la questione».
In particolare?
«Innanzitutto v’è la questione ambientale e l’armonizzazione delle competenze rispetto al sequestro penale, revocato ma su cui pende riesame. Si tratta da un lato di garantire sicurezza e dall’altro permettere di realizzare gli interventi sanciti dal giudice penale. La curatela per sua natura giuridica ha una legittimazione limitata, specie in mancanza di esercizio provvisorio, e comunque una carenza di risorse adeguate. Certo non può provvedere alle bonifiche ed intanto il tempo passa. Il decreto per ora è carta».
Lei in una intervista a Repubblica ha detto a Renzi sarebbe venuto inutilmente a Napoli già ad Agosto per verificare l’andamento dei lavori di bonifica.
«Probabilmente non gli avevano spiegato la cosa Agosto era dietro l’angolo e prima dei lavori occorreva la riallocazione dell’impresa in crisi. Non vorrei che al Presidente del Consiglio fosse sfuggito che la società è stata dichiarata fallita. Anzi in verità solo nella versione finale del decreto l’ho trovato prima si faceva sempre riferimento alla società in bonis.
Si parla come soggetto attuatore di Fintecna, o Cassa depositi e prestiti e di altri creditori, che ne pensa?
«Guardi non basta risolvere la questione dei debiti, qui occorre incarnare una grande speranza ed occorrono rilevantissime risorse. Quanto alla posizione di Fintecna abbiamo studiato attentamente ruoli e responsabilità della stessa. E sono già partite le azioni».
Ma in realtà nelle azioni civili avete coinvolto tutti dal Comune al Ministero, dalla Regione a Fintecna, dalla Presidenza del Consiglio alla Provincia, da Fondazione Idis a Caltagirone?
«Ci sono responsabilità e ci sono inadempienze. Abbiamo soprattutto finalmente definito le une e le altre. Ma soprattutto ci sono i soliti scarica barile. Saremo implacabili da questo punto di vista.
Quindi non si può sognare un’araba fenice come è stato per il Napoli fallita dalla C alla Champions League?
«Diciamo con una battuta che Bilbao ci ha dato una lezione anche sul recupero e rilancio dei medesimi problemi di bonifica di Sin, oltre che su come si vive la passione calcistica. Nella famosa notte ero lì e sinceramente mi sono piaciuti molto di più i cittadini tifosi del Bilbao che i nostri, per non dire altro. Bagnoli è la grandissima ed unica occasione di riportare Napoli nel firmamento delle capitali mondiali. Quel che è certo è che ce la metteremo tutta affinché ciò accada, ma siamo stati marginalizzati. Mi permetta una battuta, ma la dico solo come battuta faccia attenzione, perché non rientra certo tra le mie competenze. Chissà che un giorno venga alzata a Napoli la Coppa dei campioni nel CoroglioStadium sul mare. I sogni talvolta si avverano, ma visto l’andamento del Napoli e le idee confuse delle istituzioni, probabilmente non sarà capitan Hamsik a farlo…»
E per i risvolti occupazionali?
«Ci siamo mossi per garantire la cassa integrazione al personale nel più breve tempo, in attesa che il Comune ponga in essere le procedure per la mobilità in altre società, semmai funzionali alla medesima area. Stiamo solo attendendo le scelte delle rappresentanze sindacali che abbiamo già incontrato».