E’ notizia di lunedì il blocco del pagamento degli ammortizzatori sociali in deroga la cui riforma è prevista dal decreto Poletti. Un ulteriore elemento di frizione – se il ministero non dovesse autorizzare l’Inps a pagare – tra sindacati e Governo Renzi sul tema del lavoro, dopo le polemiche innescate dal Jobs Act. Non a caso, il prossimo 11 novembre Cgil, Cisl, Uil e Ugl Campania si ritroveranno davanti alla prefettura di Napoli per un sit in. Abbiamo chiesto al segretario regionale Ugl Vincenzo Femiano di spiegarci il perché di questa iniziativa.
«Innanzitutto sarà un’iniziativa unitaria perché non è bene dividere i lavoratori su problemi come questi che riguardano 40mila persone in Campania. Noi riteniamo che oltre al decreto Poletti, anche la Legge di Stabilità metta in serio pericolo la coesione sociale; c’è una forte deindustrializzazione in atto nella nostra regione e per questo abbiamo organizzato questa giornata di protesta con la consegna di un documento al Prefetto».
La situazione non rosea è confermata dall’ ultimo report Bankitalia, secondo cui nei primi sei mesi dell’anno il numero degli occupati è diminuito e, dato interessante, anche nei settori che hanno registrato una ripresa della domanda, la spesa per investimenti è rimasta bassa o inferiore alle aspettative. Quanta responsabilità è in capo ai governi nazionali e regionale?
«Questi dati ci dicono che c’è una crisi endemica nella nostra regione; c’è il problema reale di un Sud che non fa parte dell’agenda di governo a livello nazionale, mentre a livello locale ci siamo persi a lungo in troppe parole anziché agire. Ad esempio i fondi strutturali, che potevano aiutarci a renderci appetibili agli investitori e rilanciare l’occupazione, sono stati usati come cassa ordinaria. Su questioni come Bagnoli, l’area est di Napoli e il porto si sono registrati troppi ritardi. Ci sono state quindi colpe locali di una classe dirigente che non è riuscita a cogliere le occasioni, cui si è aggiunta la disattenzione del Governo e l’ultima legge di stabilità ne è una conferma. La manifestazione dell’11 novembre servirà a focalizzare l’attenzione su un disagio socio-economico evidente e che presto potrebbe aprire una stagione infuocata sul piano sociale».
A tal proposito, Renzi oggi (ieri per chi legge, ndr) ha dichiarato: “Guai a pensare che si possa fare del mondo del lavoro il terreno dello scontro”. Condivide questa affermazione?
«Io ci tengo a sottolineare che in Campania finora c’è stata una grande stagione di responsabilità del sindacato senza la quale sarebbero esplosi fenomeni di protesta incontrollata. Nessuno vuole surrogare il Governo nelle scelte, ma Renzi non può dire che il sindacato che non ha diritto di mettere in evidenza le carenze della sua azione di governo. Noi non vogliamo usare la piazza, anzi abbiamo sempre gettato acqua sul fuoco delle tensioni, ma ci sono decine di migliaia di persone in difficoltà e se finora la situazione è stata gestibile è anche perché c’erano pilastri forti rappresentati da famiglie e pensionati. Ora però anche le loro risorse stanno finendo, il che è segno di una crisi tutt’altro che passeggera. Il premier può pontificare quanto vuole, può fare annunci, ma deve anche dare risposte. Senza lavoro è chiaro che non si va da nessuna parte».
Sul giudizio dato sul Jobs Act, Ugl e Cgil si sono ritrovate in sintonia con sorpresa di molti. Molto più conciliante è invece la posizione di Cisl e Uil. Vuole spiegare questa vicinanza di posizioni?
«Ognuno ha sensibilità diverse, ma io credo che il mondo del lavoro non debba essere diviso. Il Jobs Act non porta occupazione: abbiamo avuto negli anni 27 riforme del lavoro e nessuna ha dato risultati. Quello dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori è un falso problema. Il tema è: come si rilanciano gli investimenti, cosa facciamo per far ripartire l’economia? Come Ugl ci rendiamo anche conto che la situazione campana è diversa da quella della Lombardia e che servono politiche economiche specifiche. Ma né il governo nazionale, né gli enti locali hanno una visione di sviluppo per il territorio. Faccio un esempio: per anni abbiamo sostenuto responsabilmente il piano di rientro per la sanità e adesso, mentre Caldoro annuncia la riduzione del ticket, il Governo taglia altre risorse. Noi come sindacato vogliamo essere protagonisti del processo altrimenti aumenteremo solo il precariato e il lavoro nero, e soprattutto saremo causa di un danno irreparabile per il nostro territorio, cioè la fuga dei nostri giovani. Il vero timore infatti è che se pure riuscissimo ad agganciare la ripresa, ci ritroveremo senza le energie migliori e giovani».
Un’ultima domanda proprio sui giovani, per i quali è stato previsto il programma “Garanzia Giovani”. Una misura il cui impatto però si sta dimostrando molto al di sotto delle aspettative. Cosa pensa a riguardo?
«Possiamo mettere in campo tutte le iniziative che vogliamo (Garanzia Giovani, bonus per l’assunzione ecc), ma se non c’è bisogno di forza lavoro, non andiamo da nessuna parte. E’ necessario ragionare di creazione del lavoro anche intercettando il fabbisogno formativo che c’è nella nostra regione».