Lunedì scorso davanti alla Prefettura di Napoli i sindacati sono scesi in piazza in maniera unitaria per chiedere l’intervento del Prefetto in favore dello sblocco dei pagamenti degli ammortizzatori in deroga deciso dal ministero del Lavoro in seguito al decreto Poletti. Abbiamo chiesto al segretario generale della Cisl IrpiniaSannio, Mario Melchionna, di aggiornarci e fare un punto sulla situazione campana a pochi mesi dalla conclusione del mandato del governatore Stefano Caldoro.
Segretario, ci sono novità sul blocco degli ammortizzatori?
«Siamo in attesa della convocazione di un tavolo con il ministero del Lavoro e la Regione Campania, abbiamo inviato formale richiesta al ministero tramite il Prefetto. Si tratta di una vicenda che riguarda 30mila persone in Campania, oltre 2mila nella provincia di Avellino e mille in quella di Benevento, per le quali dal 1° settembre è sospesa l’erogazione dell’indennità in deroga fino al 31 dicembre 2014. Noi crediamo che non sia un problema di risorse, ma l’ennesimo problema burocratico. La Regione Campania aveva firmato a ottobre un accordo quadro con le parti sociali per un totale di 18 milioni di euro di risorse proprie, il blocco dipende dalla mancanza di direttive nazionali legate alla riforma del lavoro in corso».
Quindi paradossalmente tempi rapidi nell’approvazione del Jobs Act consentirebbero di risolvere prima la questione?
«Il Jobs Act richiede necessariamente tempi lunghi, ma i fondi ci sono e vanno sbloccati. Abbiamo chiesto una deroga e poi si procederà a regolamentare il tutto. Non si può vincolare la questione ai tempi del Parlamento. La nostra preoccupazione è che possa scoppiare qualcosa di ingovernabile, è a rischio la tranquillità sociale. Parliamo di persone che tirano avanti con 6-700 euro al mese».
Lei rappresenta come Cisl le aree interne (Irpinia e Sannio). In Campania manca da tempo un modello di sviluppo di lungo periodo.
«La Regione Campania è da troppo tempo fuori da qualsiasi progetto di sviluppo dei governi nazionali così come tutto il Sud non è più presente all’interno dell’agenda di governo. Lo dico senza fare polemica perché io nella vita ho scelto di fare il sindacalista e non il politico. Negli ultimi 15 anni non si è fatto niente di concreto non solo a livello nazionale, ma pure a livello locale con le varie giunte Bassolino e Caldoro. La Campania si è ritrovata all’ultimo posto in tutte le classifiche per sviluppo e occupazione, crescono i giovani costretti a emigrare per non parlare delle condizioni delle donne e dei pensionati; e in questo c’è un’evidente responsabilità della Regione. Di più ci siamo trovati di fronte a un paradosso. I governi Bassolino ci hanno fatto credere per anni che si potessero fare tante cose, ma mancavano le risorse in cassa. Abbiamo fatto la spesa al supermercato senza avere moneta nel portafoglio. Non si è creata occupazione, anzi coi soldi che avevano a disposizione hanno finanziato cose inutili. Poi è venuto Caldoro che per tre anni non ha fatto altro che ripetere di aver ereditato un disastro; il quarto anno lo ha speso a risolvere diatribe interne e ci ritroviamo adesso a non aver ancora capito cosa voleva fare. E’ vero che è stato impegnato nel risanamento dei conti, ad esempio della sanità, ma lo ha fatto alle spese dei cittadini, in particolare delle aree interne. E dobbiamo anche riconoscergli che a causa della crisi sono state utilizzate tante risorse per tamponare tutta una serie di problematiche connesse al lavoro, si è dovuto ricorrere a un uso massiccio degli ammortizzatori sociali per garantire reddito ad ampie fasce sociali».
In primavera i cittadini campani però andranno alle urne, cosa chiedete a chi si candiderà alla guida della Regione?
«Bisogna passare da politiche emergenziali a politiche attive per il lavoro. Chi si candida a governare deve innanzitutto puntare a una gestione trasparente, senza ancora una volta privilegiare le aree costiere a svantaggio di quelle interne, evitare lo spreco dei fondi disponibili, completare le infrastrutture, provvedere servizi per le aree industriali e affrontare concretamente, dando risposte e non facendo solo annunci, vertenze come quella dei forestali. Serve un governo regionale autorevole cui si affianchi un governo nazionale che non viva di slogan e non dica di fare miracoli a suon di 80 euro, ma faccia investimenti strutturali».