C’è una Tor Sapienza in ogni grande città italiana. Quartiere orientale di Roma, Tor Sapienza è diventata negli ultimi giorni il simbolo della periferia che si ribella contro un centro che non la rappresenta, non l’ascolta, non è in grado di farsi carico dei suoi problemi, di capire la complessità di un’esistenza che, non solo per ragioni geografiche, si colloca ai margini. Tor Sapienza è teatro da giorni di uno scontro tra residenti, amministratori e immigrati del locale centro di accoglienza in cui non è facile comprendere chi sia il vero bersaglio.
Non è una rivolta di stampo squisitamente razzista, ma il razzismo centra. E’ il prodotto di derive xenofobe cui la città di Roma non è nuova, ma pure di prese di posizione demagogiche della destra e di certi movimenti per cui gli immigrati o i rom costituiscono necessariamente un problema e di altre, ideologiche, proprie di una sinistra troppo indulgente di fronte a certi comportamenti. Ed è sicuramente una protesta contro il sindaco Ignazio Marino, ma una protesta non limpida nei suoi mandanti che in egual misura si nascondono tra l’opposizione di destra e quella di sinistra, tra i sostenitori di Alemanno e i compagni di partito del chirurgo genovese che lo hanno lasciato già da tempo solo contro tutti. Perché Marino è al timone a Roma da un anno e mezzo, mentre i problemi della città sono molto più “antichi”, ma a nessuno sembra interessare.
Ho vissuto tra Tor Pignattara, Largo Preneste e la Tiburtina per diversi anni durante le amministrazioni targate Veltroni e Alemanno. Quartieri a poche centinaia di metri in linea d’aria dalla centralissima stazione Termini a Roma, non molto distanti da Tor Sapienza. Luoghi cari a Pasolini. Già allora per una studentessa prendere i mezzi pubblici dopo le 21 era motivo di apprensione così come andare a fare la spesa, fermarsi a un bancomat o fare una passeggiata al calare del sole. Non mi sono mai sentita al sicuro, come è sempre stato un calvario spostarsi verso le aule universitarie o il centro della città per le attese infinite alle fermate, le corse di autobus e tram strapiene, i ritardi, i blocchi del traffico, le voragini nell’asfalto, l’illuminazione scarsa, i mendicanti gli ubriachi e i borseggiatori a ogni semaforo. Il tutto di anno in anno più evidente mentre la manutenzione scarseggiava, i rifiuti per strada aumentavano e pure gli episodi di violenza, la criminalità, l’esasperazione dovuta a una crisi che ha sfibrato il tessuto sociale e allargato le maglie della solidarietà acuendo le tensioni e scatenando una guerra tra poveri. Che oggi una parte della politica sfrutta a suo vantaggio per colpire il non esente da colpe Ignazio Marino.
Ma c’è pure una Tor Sapienza in ogni provincia e regione italiana. Rappresenta quelle aree, spesso interne, dove magari la protesta non esplode in modo violento, ma si manifesta con l’abbandono e lo spopolamento volti a ricercare altrove quello che non è possibile avere in loco. Luoghi in cui, se ci si ostina a restare, si è condannati a vivere da cittadini di serie B, privati gradualmente dei servizi e dell’attenzione da parte di chi amministra, dove i diritti diventano concessioni.