Probabilmente il miglior editoriale sulla vicenda Eternit ce l’ha consegnato il governatore del Piemonte Sergio Chiamparino. «Quando il diritto cozza contro la giustizia, allora vuol dire che c’è qualcosa che non funziona nella macchina», il commento dell’ex sindaco di Torino a proposito della decisione della Corte di Cassazione di dichiarare prescritto il maxiprocesso Eternit per disastro ambientale e di annullare la condanna a 18 anni di carcere per l’unico imputato, lo svizzero Stephan Schmidheiny.
«Per me l’imputato è responsabile di tutte le condotte che gli sono ascritte. È vero che la prescrizione non risponde alle esigenze di giustizia, ma stiamo attenti a non piegare il diritto alla giustizia», aveva dichiarato in aula il sostituto procuratore generale Francesco Mauro Iacoviello. La Cassazione formalmente non è intervenuta nel merito della doppia condanna in primo e secondo grado decisa dai giudici torinesi. Non si è occupata neppure del giudizio sui singoli episodi di morti e patologie sopravvenute, ma del solo disastro ambientale. Ha applicato una legge per cui il reato è estinto per decorrenza dei termini. Una legge opinabile e che andrebbe cambiata, e infatti in Parlamento è ritornato di estrema attualità sull’onda dell’emozione il tema della riforma della prescrizione.
Diritto da una parte quindi, e giustizia dall’altra. «La giustizia è la costante e perpetua volontà, tradotta in azione, di riconoscere a ciascuno ciò che gli è dovuto», diceva Ulpiano traducendo Cicerone. E’ dovuto alle vittime del fibrocemento o eternit trovare i colpevoli dell’avvelenamento dell’ambiente e i responsabili della morte di centinaia di persone uccise dall’amianto respirato in quattro fabbriche Eternit: Casale Monferrato e Cavagnolo in Piemonte, Rubiera in Emilia e Bagnoli in Campania. E’ un loro diritto avere giustizia, è loro diritto essere tutti uguali, accusati e accusatori, di fronte alla legge. Diritti soggettivi come la giustizia appunto, che si scontrano in questa vicenda con il Diritto, quello oggettivo. L’insieme di regole in vigore in uno Stato in un determinato momento e che contribuiscono ad assicurare a tutti i cittadini una vita sociale ordinata e tranquilla. Ma il rispetto del Diritto non può consentire l’impunità per chi delinque. Il reato c’è e non cambia, non può essere cancellato dallo scorrere del tempo, non può essere relativizzato, così come solo una sentenza definitiva e la certezza nell’entità dei colpevoli può estinguere una domanda di giustizia.
Ma in questa vicenda c’è un altro aspetto che sconcerta. Lo Stato che “consente” alla prescrizione di essere il salvacondotto per chi ha causato la morte per cancro di 2191 persone tra il 1952 e il 2008, è lo stesso Stato che è venuto meno al dovere di garantire i suoi cittadini e tutelarli rispetto a un’azienda che per anni ha continuato a produrre e creare profitto sulla pelle degli operai e a spese delle comunità. Già negli anni ’60 diverse ricerche avevano infatti dimostrato che la polvere di amianto provoca asbestosi e una grave forma di cancro, il mesotelioma pleurico, ma in Italia la commercializzazione di Eternit è continuata fino al 1994. Un ventennio dopo.
Oggi sono 30.309 i siti inquinati con amianto censiti dal ministero dell’Ambiente nel nostro Paese, 832 quelli bonificati, 339 i parzialmente bonificati. Ma la statistica non è completa perché, come sottolineato i tecnici ministeriali nella mappatura dei siti aggiornata allo scorso 14 luglio, «moltissime aree particolarmente rilevanti in termini di necessità di intervento, come per esempio lo stabilimento ex Isochimica di Avellino o l’ex stabilimento Cemamit a Ferentino non rientrano tra i dati censiti». L’amianto oltre che nei cosiddetti siti di interesse nazionale, si annida nelle scuole, nei tetti di edifici privati e pubblici, negli ospedali e nelle case di riposo, in aree residenziali e industriali attive o dismesse, mentre sono 15.845 i casi di mesotelioma maligno diagnosticati dal 1993 al 2008, una media di 1500/2000 morti l’anno, con un picco di mortalità previsto per la popolazione italiana tra il 2020 e il 2025. Uno Stato “impotente” anche perché ancora oggi non rende operativo il Piano Nazionale Amianto, presentato dall’ex ministro della Salute Balduzzi e fermo in conferenza Stato-Regioni per mancanza di finanziamenti. Salvo poi inserire nello Sblocca Italia risorse per il completamento delle bonifiche, non ancora terminate anche nel SIN di Casale, e assegnare (notizia di ieri) un altro milione e 104 mila euro al Comune piemontese.