Un flash mob sulle note della canzonedenuncia “Malo” (cattivo in spagnolo) davanti alla sede del Consiglio regionale. Così le deputate democratiche Angela Cortese e Rosetta D’Amelio hanno promosso ieri la Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne, accompagnando alcune ballerine dell’accademia “L’Arte del movimento”, vestite per metà da uomo e per l’altra metà da donna, che hanno volteggiato mimando un combattimento intercettando il passeggio dei lavoratori in pausa pranzo tra i grattacieli del Centro Direzionale di Napoli.
Violenza sulle donne che non si manifesta solo nei numeri, terribili, dell’ultimo Rapporto Eures sul femminicidio in Italia secondo cui con 179 donne uccise, il 2013 è stato il peggiore degli ultimi sette anni, con un incremento del 14% rispetto al 2012. Nel ’90, ad esempio, le donne uccise erano appena l’11,1% delle vittime totali. E’ quanto hanno denunciato nella conferenza stampa “Quello che non ho” le due consigliere regionali, affiancate dal capogruppo PD Lello Topo, dalla segretaria nazionale dell’Associazione ‘Luca Coscioni’ e presidente dell’associazione Amica Cicogna, Filomena Gallo; da Daniela Farone di Soroptimist, l’organizzazione internazionale che ha creato l’applicazione “Shaw”, ideata per offrire un aiuto alle vittime di abusi e maltrattamenti; e Maria Teresa De Pascale, presidente dell’associazione Terra Prena che favorisce l’incontro e lo scambio di esperienze tra le donne durante la gravidanza e il post partum.
«L’offesa alla donna ha forme molteplici. Quelle più implicite, quelle meno plateali, sono spesso le più resistenti: gli abusi, le vessazioni, le iniquità. O semplicemente l’inerzia di chi dovrebbe fare e non fa. Una scelta anche quella, che si trasforma in isolamento e, dunque, in condanna», ha osservato Rosetta D’Amelio, presidente commissione Politiche giovanili e Disagio sociale e occupazionale, e tra le relatrici della legge regionale contro la violenza di genere: «Oggi è l’occasione buona per fare l’inventario delle quotidiane ingiustizie che si consumano, spesso nel silenzio, ai danni delle donne della Campania. Privarle di diritti essenziali significa renderle di fatto più fragili, più vulnerabili. Più sole».
Dalla scarsa assistenza alla maternità alla mancanza di un centro unico di prenotazioni, dalle resistenze dei medici obiettori nell’applicazione della legge 194 all’intensivo ricorso ai parti cesarei con una media del 50% e picchi del 92,9% in alcune cliniche, la lista dei soprusi subiti dalle donne campane in ambito sanitario è lunga. A questo si aggiunge l’inesistenza di strutture in grado di garantire alle persone colpite da ictus, la maggioranza delle quali donne, interventi salvavita e per le quali la Campania si piazza all’ultimo posto in Italia, e la necessità, dopo il finanziamento dei centri di ascolto, di attuare quanto previsto dalla legge regionale 2/2011 sull’apertura delle case protette in cui le donne che denunciano possano rifugiarsi con i loro figli.
«Per non parlare – ha continuato la consigliera regionale democratica – del tema della fecondazione eterologa. Su questo la Campania è ferma al palo perché la Giunta regionale non ha fatto sue le linee guida nazionali emanate dalla Conferenza delle Regioni di cui Caldoro è vice presidente e nonostante i 3,5 milioni trasferiti da anni alle Regioni per la fecondazione assistita, mai ripartiti».