«Le parole bisogna saperle usare soprattutto nei confronti dei giovani che rappresentano una merce rara che rischia di scomparire, di autodistruggersi perché non c’è un futuro per loro. Allora bisogna insistere sul fatto che i ragazzi devono impegnarsi al massimo. L’unica sfida è l’impegno, la cultura». Così Piero Antonio Toma che ha lavorato per una ventina d’anni a Il Sole 24 Ore e ha firmato articoli per molti altri quotidiani, mentre attualmente collabora con la Repubblica. Lo incontriamo a margine della presentazione del suo ultimo lavoro “La ragazza che leggeva Gesualdo Bufalino” al Liceo Pietro Giannone di Caserta.
Una sorta di autobiografia attraverso il racconto. Questo sembra essere la sua ultima fatica letteraria.
«Storie legate insieme sottotraccia dal piacere di raccontare. Da giornalista ho osservato la realtà così sono nati questi racconti legati alla mia vicenda personale, autobiografica, professionale. I protagonisti sono gente comune attraverso i quali si può ricostruire i tessuto della società in cui viviamo».
E invero “La ragazza che leggeva Gesualdo Bufalino” è una silloge di racconti caratterizzata da una straordinaria varietas e da un gusto per l’affabulazione che non diventa mai fine a se stessa. Così capita di incontrare tra le pagine vive storie di un’umanità normale ed eccezionale ad un tempo, un’umanità che si muove e si specchia, si agita e si misura con il sé più profondo attraverso l’altro meno distante. Spazi che si fanno luogo di incontro e di scoperta, ritualità personali e condivise. Accade così di ritrovarsi nella bottega di un barbiere o a bordo di un pedalò per seguire da vicino le avventure assolate dei frequentatori di un circolo estivo; attraversare le vie della città dentro un bus che custodisce incontri (non) casuali e poi restare ad ascoltare un contadino del Terzo Millennio che coltiva agrumi e libri: fabulae umane di quotidiana ispirazione.
Un libro di racconti da cui pescare come dentro a un cilindro dei ricordi.
«In effetti è proprio così!»
Si parla di Napoli.
«Si, le ambientazioni, prevalentemente sono quelle di una Napoli antica e nuova ad un tempo. La città con il tempo si è depauperata di tutto ciò che aveva. Soprattutto con la perdita del tessuto industriale, penso all’Italsider, la cui perdita ha gravato notevolmente sulla città e non solo. Il turismo purtroppo non basta con una città come Napoli. Occorre l’industria, il lavoro manifatturiero, Perciò dico anche ai ragazzi di contare su se stessi, sul loro studio, sul loro impegno. Nel volume parla anche della Campania e di qualche regione del Sud, così i racconti diventano uno strumento per riscoprire noi stessi e la comunità in cui viviamo».
In questo suo volume c’è anche attenzione per le donne.
«Le donne stanno conquistando un diritto di consapevolezza e di cultura. Purtroppo, ora con fenomeno del femminicidio assistiamo a casi di cronaca nera aberranti. Le donne hanno il diritto e il dovere delle pari opportunità e l’episodio che racconto nel mio libro appartiene al passato. Sono anche convinto che la sudditanza passata della donna deve insegnarci qualcosa per il presente e il futuro perché episodi di violenza vengano superati».
Perché la scelta di questo titolo?
« Gesualdo Bufalino è un autore molto difficile, uno scrittore importante, ma ai margini perché non è popolare, ma piuttosto complesso. Da qui la mia scelta convinto che avrebbe sicuramente incuriosito il lettore così come ha incuriosito la giovanissima ragazza di cui parlo nel racconto da cui poi è tratto il titolo».
Toma è anche autore di una decina di libri di narrativa e di poesia, oltre che di numerosi saggi storici , tra gli altri quello sull’enigma della scomparsa di Renato Caccioppoli per i tipi della ESI nel 2004; nel corso del tempo si è andato specializzando in biografie romanzate, e nel 2012 ha curato per l’ENI la prefazione e i testi di raccordo del volume collettaneo La memoria narrata.