Economia e Welfare

Lavoro alle donne del Sud

Con livelli di disoccupazione che arrivano al 70 per cento, ormai i bassissimi livelli di occupazione femminile costituiscono la vera e principale “questione meridionale”. Una catastrofe che va affrontata con urgenza e rispetto alla quale va aperta una seria e concreta riflessione sull’efficacia e l’utilità degli strumenti utilizzati finora per arginarla: quali sono stati davvero in grado di aggredire il problema? Quali sono stati ininfluenti? Cosa bisogna correggere? In attesa che questa riflessione e questa analisi vengano compiute, anche e soprattutto con la conferenza governativa nazionale che il Governo si è impegnato ad organizzare in una città del Sud grazie alla mozione che come gruppo PD alla Camera abbiamo presentato e fatto approvare in aula, il problema va comunque aggredito con gli strumenti che il contesto consente di mettere in campo. Così, oltre alla mozione, per favorire e incentivare l’assunzione di donne nel Mezzogiorno abbiamo anche presentato un emendamento alla Legge di stabilità approvata alla Camera e ora in discussione al Senato. Si tratta di una norma che attribuisce agli interventi per l’occupazione femminile carattere assolutamente prioritario nell’utilizzo e nella destinazione del novero delle risorse destinate dal Governo al Mezzogiorno. Se è vero, come è vero e come hanno ricordato tempo fa prima Mario Draghi e poi Christine Lagarde, che le donne rappresentano la prima e più “cruciale” leva per avviare la crescita, perché portare l’occupazione femminile al 60 per cento significa aumentare il Pil di almeno 7 punti percentuali, questo vale anche, e soprattutto, nel Mezzogiorno dove le donne del tutto inattive sono il 60 per cento. Un dato che in Campania arriva a sfiorare addirittura il 70. È evidente che azionare questa leva rappresenta il primo e più importante passo da compiere per iniziare ad affrontare concretamente il problema del divario Nord-Sud. Senza contare che utilizzando parte di quelle risorse prevedendo, ad esempio, contributi alle imprese che assumono o stabilizzano donne con figli piccoli, la nostra proposta aiuterebbe anche a incentivare l’accesso al lavoro da parte delle donne madri contribuendo così ad abbassare i livelli di denatalità che, come ha dimostrato la Svimez, nel 2013 hanno toccato nel Mezzogiorno il punto più basso dal 1861. E come si può anche solo pensare di far tornare a crescere il Sud se non si agisce e da subito sulla sua progressiva desertificazione demografica? Certo, tutto questo da solo non basta, per cambiare veramente verso anche qui serve uno sforzo maggiore da parte di tutti: governo, politica, istituzioni centrali e territoriali. Serve innanzitutto una nuova idea di sviluppo del Mezzogiorno per i prossimi anni, a partire dalla definizione di politiche industriali finalmente chiare e nette, capaci di attivare e attirare investimenti, pubblici e privati, in settori strategici come il turismo, il territorio, l’alta tecnologia, i beni culturali. Ognuno deve fare la sua parte: il governo, il Parlamento e tutte le istituzioni coinvolte. Da questo punto di vista, sono sicura che i deputati e i senatori meridionali del Pd non faranno mai mancare il loro apporto, sia in termini di petizioni di principio, sia in termini di azioni concrete.

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