Regione Campania e Mibact l’uno contro l’altro per il caso Pompei. Ancora una volta, il sito archeologico più famoso al mondo, è al centro di una forte polemica; ancora una volta protagonista, inconsapevole, di un acceso dibattito tra politica, sindacati e cittadini. Ancora una volta, insomma, si parla delle rovine pompeiane, non per esaltare l’ingente patrimonio storico-culturale del sito e quindi della Campania, ma per episodi negativi. Certo, una bad news is always a good news. Però quando si tratta di Pompei l’attrazione per gli aspetti negativi della sua gestione finiscono quasi sempre per oscurare il racconto in chiave positiva degli scavi. Questa volta a tenere banco non sono i crolli all’interno dell’area archeologica o i restauri non proprio ortodossi dovuti all’incuria e alla mancanza di fondi, bensì le giornate di apertura, anzi di chiusura.
Dopo Natale, anche a Capodanno il sito è rimasto chiuso ai visitatori in forza di un accordo tra lavoratori e ministero per i Beni archeologici e culturali e del Turismo. Peccato che, come già accaduto lo scorso 25 dicembre, anche il 1 gennaio davanti ai cancelli chiusi della città sepolta dal Vesuvio si siano ritrovati circa 2mila visitatori, rimasti fuori. Di qui la polemica, che spesso quando si parla di Pompei diventa pure un tantino opportunistica, visto che tra coloro che hanno puntato il dito contro la chiusura decisa dal ministero ci sono anche pezzi di sindacato protagonista di improvvise assemblee che più di una volta hanno lasciato di là dai cancelli i visitatori.
“Perché nessuna riga o attacco sugli Uffizi chiusi? O Brera? O Paestum o Capodimonte e così via? – si difende il ministro Dario Franceschini – Temo che la risposta stia solo nel fatto che Pompei ‘fa notizia’ qualunque cosa accada, a meno che, ovviamente, non sia una notizia positiva, come il numero di cantieri di restauro aperti, il cronoprogramma europeo rispettato o il boom di presenze nel 2014. Allora provo a precisare di nuovo: l’accordo del giugno scorso coi sindacati prevede un nuovo calendario definitivo di aperture straordinarie per Pasqua, Lunedì dell’Angelo, 25 aprile, Ferragosto e, con trattative annuali, anche il 1 maggio. Oltre a tutte le domeniche. Chiusi invece i musei per Natale e Capodanno. Scelta permanente – continua Franceschini – non solo per quest’anno, per evitare cambiamenti continui di calendario e soprattutto per allinearsi con quanto avviene in tutto il mondo. Sono chiusi per le due festività tra gli altri il Louvre, il British, la National Gallery di Londra, il Reina Sofia, l’Ermitage, il Met, i Musei Vaticani, l’Acropoli di Atene, Versailles. Chiusi per Natale anche il Moma, la Tate Modern, il Museo d’Orsay, il Gugghenheim. Potrei proseguire nell’elenco lunghissimo: tutti i grandi musei, infatti, sanno bene che i comportamenti familiari e turistici di Natale e Capodanno non si conciliano con l’apertura dei musei e che comunque dovendo scegliere per ragioni contrattuali o di risorse, molto meglio tenere aperto in giornate primaverili o estive”.
Lo scorso anno a Natale arrivarono 827 visitatori a Pompei, mentre a Capodanno furono 2314 persone una media di 15/20mila di ogni prima domenica del mese; numeri in linea con quelli degli altri musei statali italiani che complessivamente a Natale hanno registrato 12.376 persone, contro i 311.017 della prima domenica di dicembre 2014. “Gli arrivi a Pompei di alcuni pullman di turisti – conclude Franceschini nella sua “difesa” – il giorno di capodanno derivano evidentemente da tour operator che, programmando e vendendo i pacchetti di viaggio con molti mesi di anticipo, non hanno rilevato il cambio di calendario deciso in giugno, e di questo mi dispiace. In ogni caso ci sarà ora tutto il tempo per sapere e informare al meglio sul calendario del 2015 e degli anni seguenti”.
Di tutt’altro avviso l’assessore alla Cultura della Regione Campania, Caternina Miraglia, secondo cui la doppia scelta di tenere chiusi gli scavi costituisce un danno di immagine per Pompei, in controtendenza con gli sforzi della Regione di rilanciare l’immagine di Pompei. “Se il Mibact ha ritenuto di non negoziare l’apertura degli scavi nei giorni di festa, è un problema – afferma Miraglia – I duemila turisti arrivati a Capodanno contro i poco più di 800 degli anni scorsi, che comunque già bastavano da soli a giustificare l’apertura, dimostrano che come Regione abbiamo fatto una buona politica di immagine. Purtroppo come assessorato non siamo competenti nella gestione del sito, che spetta al Mibact. Verifichiamo soltanto con tristezza l’incapacità del ministero di programmare. La decisione di chiudere è presa con molto anticipo, mentre per Pompei fino al 22 dicembre ancora non si sapeva. Tant’è che gli operatori turistici non erano al corrente. Inoltre Pompei non è il British, che se pur di pari importanza culturale, è sempre un museo coperto, mentre qui c’è una città che non si può chiudere. Capisco che siamo in un momento di difficoltà economica, ma serviva fare un tavolo concordato con istituzioni ed enti locali per trovare una soluzione equilibrata, magari sacrificando altro. La Camera di Commercio di Napoli si era anche resa disponibile e coprire in qualche misura i costi dei guardiani. Insomma, in questi casi – conclude l’assessore – servirebbe concordarsi tutti e fare valutazioni in tempi più precisi”.