Se ne è andata la colonna sonora di tanti giovani della mia generazione. “Napule è” più sola da stamattina senza il suo menestrello. Adesso conta poco ricordare gli ultimi tuoi anni più leggeri. Uno che ha scritto mirabili e memorabili pezzi sulla “Terra mia” maltrattata e così amata non può non entrare di diritto nell’Olimpo dei Grandi.
Ho avuto il piacere di ascoltarti e di stringerti la mano tanti anni fa, quando eri “Napoli Centrale” assieme a quella banda di scapestrati musicanti tutto genio e sregolatezza, grandissimi Artisti (tu, James Senese, Franco Del Prete, Mark Harris…). Ricordo un concerto strapieno alla Mostra d’Oltremare durante quelle indimenticabili feste dell’Unità.
Voglio ricordarti così, come le prime volte, con quella “Libertà” creativa di sperimentare musica che abbracciava il nero jazz americano e le radici arabe. E la tua voce era davvero quella di un “Nero a metà” della Napoli del dopoguerra. Quelle sperimentazioni che poi hanno fatto scuola creando sulla tua scia una vera e propria università da dove sono venuti fuori decine e decine di grandi musicisti tutti col marchio di Partenope. Ecco, “Je so’ pazzo” cantavi, e noi giovani lo eravamo con te cantandola a squarciagola in quella Italia bigotta che ne censurava la strofa finale, dove c’era tutto lo sfogo della rabbia secolare della nostra città. E ci sentivamo tutti Masaniello gridando “…nun ce scassate ‘o cazzo”… che era solo un grido liberatorio contro tutti i razzismi.
E come non ricordare quella “Lega è una vergogna”. Un boato allo Stadio San Paolo accompagnò il nostro “scarrafone” finalmente capace di dire in faccia quello che tutti pensavano mentre l’Italietta da teatrino berlusconiana la portava al potere politico…
Quella Lega vergognosa è ancora qui, mentre tu ci lasci. Non è giusto, ma canteremo ora e comunque la tua veracità, le tue e le nostre radici. “Tanto je parlo ‘e nisciuno me sente”, e invece ti abbiamo sentito, persino amato, perché siamo un Popolo di buona memoria, nonostante tutto. “Ma è sulo pe’ parla’” anche se “i’ mo’ nun’ngarro cchiù a parla’” per la commozione.
Ciao Pino, ciao guaglio’.