La giornata di Papa Francesco inizia a Pompei. Alle ore 8 giunge nel santuario della Beata Vergine del Rosario, dove prega in silenzio e recita la piccola supplica. Dopo si raccoglie nuovamente in preghiera all’interno della cappella dedicata al beato Bartolo Longo, fondatore del santuario. Qui si ferma a parlare con alcuni disabili e bambini ammalati seduti accanto all’altare.
Alle 9,15 l’elicottero del Papa atterra a Scampia, è questa la prima tappa napoletana di Bergoglio. Ad accoglierlo l’arcivescovo di Napoli, il cardinale Crescenzio Sepe, il presidente della Regione Campania Stefano Caldoro, il prefetto di Napoli Gerarda Pantalone, e il sindaco della Città Luigi de Magistris. Papa Francesco a bordo della papamobile, in compagnia di Sepe, percorre via Baku e viale della Resistenza, infine giunge in piazza Giovanni Paolo II, dove ad attenderlo ci sono più di 5mila fedeli. Come prima cosa Bergoglio saluta e bacia i bambini disabili, si ferma a parlare con le loro mamme. Poi si siede al centro della piazza, dove si lascia circondare dai bambini, li abbraccia e concede loro un selfie. Dopo il benvenuto da parte del cardinale Sepe, Francesco ascolta le richieste di alcuni fedeli, poi inizia il discorso con queste parole: “Ho voluto cominciare da qui, da questa periferia, la mia visita a Napoli. La vita qui – continua Bergoglio – non è mai stata facile, ma non è mai stata triste”. Sono tanti i temi toccati: dall’immigrazione alla criminalità, dal lavoro non pagato alla corruzione. “La corruzione ‘spuzza’, la società corrotta ‘spuzza’ – dice il Papa argentino -, un cristiano che fa entrare dentro di sé la corruzione non è cristiano, ‘spuzza’”. Importante anche il passaggio sulla politica: “La ‘buona politica’ – afferma – è un servizio alle persone, che si esercita in primo luogo a livello locale, dove il peso delle inadempienze, dei ritardi, delle vere e proprie omissioni è più diretto e fa più male”. Il pontefice chiude il suo discorso a Scampia con un “A maronna v’accumpagna” frase sovente utilizzata già dall’arcivescovo Sepe.
Prima di andar via, il Santo Padre riceve dal sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, le chiavi della città, accompagnate da una pergamena in cui sottolinea la “gratitudine per la sua visita e le sue parole fonti di energia forte per proseguire la ricerca del bene comune e l’affermazione dei principi di giustizia e legalità, contro ogni forma di discriminazione”.
Alle 10.35 Papa Francesco arriva in piazza Plebiscito a bordo dell’auto bianca, sempre in compagnia di Sepe che non lo lascia un attimo. Saluta i tantissimi fedeli presenti – quelli col biglietto sono 35mila – e si fa immortalare dai flash delle macchine fotografiche, mentre un coro in piazza intona la frase evangelica “Tu sei Pietro e su questa Pietra edificherò la mia Chiesa”. Fa ingresso nella Basilica di San Francesco di Paola, indossa i paramenti sacri e celebra la santa Messa in piazza. Al termine della sua omelia, dedica qualche parola a Napoli e alla lotta alla criminalità. “Cari napoletani, – afferma il Santo Padre- non lasciatevi rubare la speranza. Reagite con fermezza alle organizzazioni che sfruttano e corrompono i giovani con il cinico commercio della droga e altri crimini”. Terminato il discorso, il Papa benedice i fedeli presenti e si congeda col canto del coro. Lascia piazza del Plebiscito a bordo della papamobile e si dirige verso il carcere di Poggioreale (terza tappa della sua visita a Napoli) dove incontra e pranza con detenuti.
Alle 15.10 Papa Francesco lascia il penitenziario dove si è intrattenuto oltre l’orario previsto e raggiunge il Duomo di Napoli dove lo accolgono i sacerdoti, i religiosi, i diaconi permanenti e i seminaristi. Per l’occasione vengono esposte le reliquie del sangue di San Gennaro (com’è prassi quando arriva un Pontefice in città, si cercherà il prodigio dello scioglimento del sangue). Ad applaudirlo calorosamente anche 66 suore di clausura che per l’occasione sono uscite dal convento. Ed è sul comportamento di alcune monache claustrali che si inscena un divertente siparietto: alcune di loro, prese da un entusiasmo incontenibile, “assaltano” il pontefice, lo circondano, gli offrono doni e scambiano con lui qualche parola. Il cardinale Sepe commenta così al microfono : “Guarda ‘cca… sorelle, sorelle dopo … e cheste so ‘e clausura, figuriamoci chelle no ‘e clausura…. sorelle tenimm che fà!”.
Papa Francesco fa carta straccia del discorso al clero di Napoli che era stato preparato, e incomincia a parlare a braccio, col cuore in mano, in tutta spontaneità, attraverso il racconto di aneddoti. Ne riporta uno in particolare, volto a dimostrare che anche tra i religiosi c’è chi tra la misericordia e la telenovela sceglie la seconda. “Nella diocesi che avevo prima – ricorda Bergoglio – c’era un buon collegio di suore, brave ma la casa dove abitavano era un po’ vecchia ed era necessario rifarla. L’hanno rifatta bene, troppo bene. Anche lussuosa. Hanno messo in ogni stanza un televisore. Bene, all’ora della telenovela tu non trovavi una suora in collegio. Ma questa è la mondanità, vivere mondanamente con lo spirito del mondo che Gesù non voleva. E la gente se ne accorge”. Alle 16.05 il cardinale Sepe mostra l’ampolla contenente il sangue del patrono di Napoli e annuncia che il sangue di San Gennaro è metà sciolto. “Si vede – commenta Bergoglio – che il Santo Padre ci vuole bene a metà, dobbiamo covertirci un po’ tutti perchè ci voglia più bene. Non dimenticate di pregare per me!”.
Papa Francesco lascia il Duomo e giunge al Gesù Nuovo. Nella basilica trova i suoi confratelli gesuiti e incontra 800 ammalati segnalati dalle varie parrocchie di Napoli. Alle ore 17.10 esce dalla chiesa e saluta i 100mila fedeli che lo attendevano fuori per festeggiarlo. Il Santo Padre sale sulla papamobile e giunge alla Rotonda Diaz (ultima tappa della sua visita a Napoli).
Francesco sale sul palco e viene accolto da un sacerdote che lo saluta con una frase in spagnolo tradotta poi in napoletano (qui si inscena l’ennesimo siparietto): “Si può campà senzà sapè pecchè, ma nun si può campà senzà sapè ppe chi”. Il Papa risponde al sacerdote con un sorriso.
A questo punto iniziano le domande per il pontefice da parte dei giovani e dei più anziani presenti sul palco. Una 95enne gli chiede come poter continuare ad essere parte della società. Il Papa scherza: “Se lei ha 95 anni, io sono Napoleone!”. Poi serio: “Gli anziani vengono scartati, la società è così, usa e getta. Si fa così anche con i bambini. A che servono se possiamo avere un po’ di affetto da un cane o un gatto?”. “Gli anziani si lasciano morire – dice il Santo Padre – con loro si fa una eutanasia nascosta, gli si fa triste la vita, e loro muoiono. Ma la vicinanza, l’amicizia, la tenerezza, è il miglior modo per vivere a lungo. Ed ai figli dico: voi, siete vicini ai vostri genitori anziani?”.
“Mi congedo da Napoli e ritorno a Roma, vi auguro il meglio e ca ‘a Madonna v’accompagne”, con queste parole e sulle note di “‘O sole mio”, intonate dalla banda dei ragazzi nata dal progetto della Curia di Napoli ‘Suona e cammina’, Papa Francesco lascia la città del sole e inaugura la “Primavera napoletana”.