Francesco, ogni «parola» una sorpresa, e da due anni un fiume di commenti. Le ultime due in un’intervista alla collega Alazakri, sulla durata del suo «ministero» di Successore di Pietro, e poi nell’annuncio dell’Anno santo della misericordia. Nel primo caso la curiosità di tutti è andata al pensiero di un suo pontificato «breve», e quindi alla «possibilità» di una sua futura «rinuncia». Nel secondo, eco ancora più vasta per argomento e immediatezza dell’annuncio, si è aperta la discussione su Roma e sull’opportunità religiosa, ma anche economica e pubblicitaria che così viene aperta alla città in tutte le componenti: da subito per la preparazione, poi per la celebrazione di un anno intero del Giubileo. Un pontificato breve? Hanno scritto «cinque anni», e due sono già trascorsi… Si è ipotizzato tanto, si è rievocata la rinuncia – grande gesto di saggezza e di vera santità – di Papa Benedetto, ma nessuno – mi pare – ha osservato che oggi, e per un tempo indefinibile forse ancora per tanto, una rinuncia di Francesco creerebbe la compresenza di ben tre persone con il titolo di vescovi di Roma, due emeriti e uno, dopo la sua futura elezione, effettivamente in carica. Ecco: credo che al presente lo stato di salute di Joseph Ratzinger, ammirevole sempre, prima e dopo, sia la più forte garanzia umanamente pensabile della permanenza di Francesco nel servizio effettivo di successore di Pietro, vescovo di Roma e quindi Papa. «Dominus conservet eum, et vivificet eum…!» («Il Signore lo conservi e gli dia vita…»), come tanto si è pregato da secoli, e si prega… Il Giubileo della «Misericordia». Veniamo al secondo tema: solo due mesi dopo il Sinodo che concluderà il cammino iniziato nell’ottobre scorso sui temi di famiglia, matrimonio e sessualità, con alcuni punti «caldi» già più o meno esplicitati nel corso della discussione, ma che sono il fondo della problematica più stringente, all’attenzione da decenni e forse secoli arriva questo Giubileo, che riguarda anche lo stesso Sinodo, tra aperture e resistenze. Del resto già al Sinodo sulla famiglia del 1980 – e basterà andare a controllare documenti e stampa del tempo – il problema della comunione ai divorziati risposati e quello della contraccezione furono al centro del dibattito. Sono passati 35 anni: questa prima fase del Sinodo è ancora lì, e proprio su quei punti si è fissata l’attenzione delle conclusioni provvisorie e delle discussioni che preparano la fase successiva, poco prima del nuovo Giubileo. A questo proposito una cosa va chiarita: i punti della comunione ai divorziati, della omosessualità e della interpretazione del complesso dei «fini del matrimonio», con al centro effettivo, anche se non sempre e non molto evidenziato, il problema della «norma» dell’«Humanae vitae» nella prima fase del Sinodo sono stati semplicemente «rimandati» alla seconda fase, non avendo raggiunto i due terzi, ma avevano raggiunto anch’essi la maggioranza assoluta dei placet. Non è un dato trascurabile, e sbaglia perciò, chi da subito ha annunciato la «bocciatura» dei punti caldi, volendo mettere il carro avanti ai buoi. Tutto è ancora aperto: nel contesto dell’accompagnamento delle coppie di divorziati e risposati, con ciò che Francesco ha chiamato «reintegrazione» ecclesiale, anche il problema della comunione eucaristica, e quello della «interpretazione» della norma dell’«Humanae Vitae» – come ha più volte detto lo stesso Francesco, a cominciare dalla prima grande conversazione con padre Antonio Spadaro, questi e altri sono i punti da affrontare nel Sinodo… Ma c’è qualcosa di più. Lo hanno subito notato alcuni tra i commentatori più importanti. Raniero La valle, per esempio, ha messo in un volume l’affermazione che il messaggio di Francesco presenta innanzitutto un volto di Dio-Misericordia e vicinanza che è quello autentico rivelato e annunciato da Gesù, «venuto non a condannare, ma a salvare il mondo» (curiosamente, ma forse non è solo una curiosità, questo il Vangelo della Liturgia del giorno in cui Francesco ha annunciato il Giubileo, con il dialogo di Gesù con Nicodemo in Giovanni 3), e Alberto Melloni – «Corsera», 15/3, p. 25: «La risposta di Francesco ai fautori del rigore» – ha scritto che «con l’Anno Santo Francesco manda (ai vescovi che parteciperanno al Sinodo) un avviso: non è la miseria del popolo cristiano a richiedere sconti, ma è la natura stessa di Dio a chiedere la misericordia. E il popolo pellegrino la farà vedere». Come sarà dunque possibile, poche settimane prima dell’apertura dell’Anno santo della «Misericordia» dare in conclusione del Sinodo un messaggio che sia solo di rifiuto di misericordia e di possibile apertura pastorale? Ricordo antico di alunno e non solo in teologia morale, ripetutamente inculcato dai nostri maestri che hanno vissuto e anche preannunciato il Concilio: «I principi restano sempre identici, ma le applicazioni possono mutare»… Tutto ciò anche tenendo presente che la Misericordia di Dio è identica alla Sua Giustizia, e perciò una santa come Teresa di Lisieux – che Francesco ama e venera da sempre – ha scritto che la Giustizia di Dio è una sola cosa con la Sua Misericordia, anzi è sovrabbondanza di essa, perché Egli vede anche tutte le scusanti che la nostra umanità di creature non riesce a considerare. Ecco: «La Giustizia stessa (di Dio) mi pare rivestita d’amore… Che dolce gioia pensare che il Buon Dio è Giusto, cioè che Egli tiene conto delle nostre debolezze, che Egli conosce perfettamente la fragilità della nostra natura!» (Man. A, foglio 83 in fine). E viene immediatamente il pensiero al fatto che anche di recente Francesco ha parlato del «perdono» di Dio che agli occhi ciechi delle nostre misure può apparire «ingiusto»: al figlio maggiore pare ingiusta l’accoglienza di quello «prodigo», e agli operai della prima ora, che hanno sopportato «il peso del giorno intero e del sole bruciante», pare ingiusto il compenso a quelli dell’ultima ora, identico a quello loro riservato e stabilito dall’inizio del lavoro. Ancora Teresa: la Giustizia di Dio «non si estende che sulla terra», mentre la sua «Misericordia si innalza fino ai Cieli» (Man. A, foglio 84). E per concludere una constatazione: non per nulla anche domenica scorsa all’Angelus, e parlando proprio del futuro Giubileo, Francesco ha detto che «Dio perdona tutto, e perdona sempre». È lecito vedere qui anche la possibile «risposta ai fautori del rigore»? Personalmente credo così.