Sono passati 11 anni da quel tragico giorno del 26 marzo 2004 a Torre Annunziata quando Matilde Sorrentino, 49 anni, fu uccisa alle otto e mezzo di sera per mano di Alfredo Gallo diventando così per tutti “mamma coraggio”. Un colpo al volto e uno al petto, il cuore di una mamma che smette di battere per aver voluto denunciare chi aveva abusato, qualche anno prima, dei suoi due bambini, Giuseppe e Salvatore, oggi 28 e 26 anni. L’Associazione Libera ha voluto ricordarla ieri, giovedì 26 marzo, nell’anniversario di quel triste giorno, nel suo presidio di Torre Annunziata, “Raffaele Pastore e Luigi Staiano”, con una “Giornata per Matilde Sorrentino e l’infanzia contro la pedofilia”. Vi riportiamo l’intervento che il magistrato Michele Del Gaudio ha tenuto per l’occasione.
“Libera parte sempre dalla Memoria delle vittime innocenti della camorra per poi passare all’Impegno: deponiamo i fiori per ricordare, ma subito dopo assumiamo l’impegno di rendere effettivi i diritti di bambini e adolescenti e di contrastare la pedofilia e le mafie. Mamma Coraggio ha bisogno di noi! Noi abbiamo bisogno del suo coraggio per sostenere il nostro, per mantenere il cuore pulito, la mente in fermento, le gambe con la voglia di camminare.
Oggi affrontiamo quattro temi Matilde, i Figli, L’Infanzia, La pedofilia
Matilde Sorrentino
Una madre! Nasce nel 1955! Muore nel 2004! Il 26 marzo! Alle 20.30! Sull’uscio di casa! Uccisa dai proiettili esplosi da un killer, poi arrestato e punito con l’ergastolo. I mandanti invece sono ancora ignoti. Sulla sua famiglia non emerge alcuna zona d’ombra, mentre si staglia la figura irreprensibile e risoluta della donna, che nel 1997, denunciando gli aguzzini del figlioletto, è testimone chiave di un processo che si conclude con la condanna, fino a quindici anni di reclusione, di diciannove bruti che violentano bambini in un garage incatenandoli a un pannello. Sono proprio quattro piccoli a raccontare… e riconoscere i pedofili. Ai due peggiori la scarcerazione per decorrenza dei termini costa la vita: la camorra li sopprime per dimostrare che la sua giustizia è più efficiente di quella dello Stato. Matilde invece l’ammazza per vendetta! Con l’effetto collaterale però di renderla un simbolo, “Mamma coraggio”, alla quale vengono intitolati il Centro Polivalente del rione Penniniello e la Comunità Alloggio presso l´Istituto Salesiano.
I figli
Salvatore e Giuseppe, oggi hanno 26 e 28 anni. Dal 2004 al 2013 sono inseriti nel programma di protezione per i testimoni di giustizia, costretti a vivere in luoghi segreti, sempre diversi, accompagnati da psicologi: forse peggio che stare in carcere. Sono ancora segnati dalla tragedia, dalla confusione, dalla partenza immediata dalla casa, dagli amici, dalle partite di pallone nel cortile, dalla voce della mamma che li chiama dal balcone: il loro mondo sparisce in poche ore. Ora sono abbandonati da tutti. Lo stesso comune oplontino, condannato in primo grado al risarcimento del danno per cinquecentomila euro, per consentire ai giovani almeno una vita normale, ha proposto appello. Fortunatamente Giuseppe ha moglie e due figlie. Salvatore è ancora provato. Neanche quest’anno vengono per l’anniversario. Ma sanno che ci sono don Antonio Carbone, i ragazzi di “Mamma Matilde”, il popolo di Libera, i cittadini.
L’infanzia
Se ne occupano documenti mondiali, europei, nazionali: la Dichiarazione dei diritti del fanciullo, Onu 20-11-1959: la Convenzione sui diritti del fanciullo, 20-11-1989; la Carta europea dei diritti del fanciullo, 8-7-92; la Costituzione: art. 31: “La Repubblica protegge la maternità, l’infanzia e la gioventù”. Legge 28 agosto 1997 n. 285. Dall’esame di tutti questi testi deriva che bambini e adolescenti hanno diritto: a un’infanzia felice, a crescere in modo sano e normale e in condizioni di libertà e di dignità, allo sviluppo armonioso della loro personalità, all’educazione, all’istruzione, all’informazione ed educazione sessuale, alla socializzazione, alla tutela contro ogni forma di violenza, fisica o mentale, compresa la violenza sessuale, di abbandono, di maltrattamenti, di sfruttamento.
La pedofilia
È la propensione sessuale di adulti verso bambini. È una malattia psichiatrica, con precise caratteristiche: il paziente deve avere almeno 16 anni e più di sette rispetto alla vittima, deve sentire l’attrazione, in maniera esclusiva o preferenziale, per un periodo non inferiore a sei mesi. Non sempre la patologia comporta abusi.
L’inclinazione per gli adolescenti ha una definizione specifica: efebofilia per i fanciulli, ninfofilia o “sindrome di Lolita” per le fanciulle.
Alcuni pedofili rivolgono le loro attenzioni solo a bambini o solo a bambine, oppure anche ad adulti; questi ultimi sono i più numerosi e i meno individuabili. Quando la libidine si rivolge a figli, figlie, fratelli, sorelle, si parla di incesto.
Nel linguaggio comune il termine pedofilo include anche i molestatori, quelli che godono di immagini pedopornografiche, quelli che abusano di bambini, pur non essendo affetti da pedofilia psichiatrica.
La pedofilia, malattia o no, se non rimane nella mente ma diventa azione, è un grave reato punito con pene severe.
Più della metà degli abusi si verificano in famiglia e molto spesso non vengono denunciati. Ma accadono anche in parrocchia, a scuola, nei centri sportivi, nei gruppi giovanili… purtroppo ovunque ci siano bambini.
Quasi un minore su tre subisce molestie sessuali prima di diventare adulto. Più di due sventurati su tre sono bambine.
Molti pedofili hanno subito abusi durante l’infanzia.
Uno dei problemi dell’accertamento delle condotte pedofile è l’attendibilità delle testimonianze infantili, a volte solo immaginarie. Si è cercato di ovviare con un protocollo realizzato da avvocati, magistrati, psicologi, psichiatri, criminologi e medici legali, che ha preso il nome di Carta di Noto, nonché attraverso il riscontro oggettivo dei racconti dei piccini.
Fenomeno potenzialmente legato alla pedofilia è la scomparsa di minori: se ne contano diverse migliaia ogni anno.
Ed ora brindiamo gioiosamente a Mamma Matilde!”