La notizia più importante degli ultimi giorni è stata quella della positiva conclusione dei colloqui fra l’Iran e il gruppo dei 5+ 1 sulla questione della politica atomica. E’ un grande risultato come ha giustamente dichiarato in una conferenza stampa la signora Mogherini, Commissario UE alla politica estera. Il mondo ha tirato un sospiro di sollievo con la sola, significativa eccezione del governo israeliano che vede nell’accordo una minaccia per la sicurezza del suo Paese. L’accordo prevede, fra l’altro, l’apertura dei siti nucleari iraniani all’attività ispettiva dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica. L’Iran insiste sulla sua necessità di produrre energia atomica per l’uso interno dato che la sua economia si regge sull’esportazione d‘idrocarburi che perciò non possono essere utilizzati ai fini del sostegno dell’economia nazionale. E’una circostanza nota agli esperti del settore, vedi al proposito le dichiarazioni del dottor Maugeri, responsabile delle strategie ENI. Fu proprio quest’opzione a dare origine al piano nucleare dell’Iran, fin dai tempi dello Scià Reza Pahlevi.Quel programma, fra l’altro, venne lanciato col supporto tecnico ed economico di USA, Francia e Germania federale. Esso prevedeva anche il cosiddetto “ arricchimento “ dell’uranio, premessa alla possibilità di costruire l’arma atomica. Decisione che all’epoca venne presa in funzione anti sovietica. Il programma di arricchimento fu interrotto all’avvento dell’Ayatolllah Khomeini, rigido osservante della legge coranica. Egli sosteneva che un’arma destinata per natura alla distruzione di massa era in contrasto col dettato coranico che impone che la guerra coinvolga solo gli eserciti e non le popolazioni civile. Aggiungo che questo dato storico, ben noto agli addetti ai lavori, non è stato mai all’attenzione dei mezzi di comunicazione.
L’Iran è un paese di 60milioni di abitanti, età media 25anni, con cinquemila anni di storia e quasi totalmente shiita.Le prime comunità urbane nacquero in quelle terre ed è in quelle zone che fu stabilito con gli Accadi il primo stato centralizzato, il primo grande impero che è stato di modello a tutti gli imperi successivi. Il popolo iraniano è consapevole di questa storia e sulla base di questa storia, della sua antichissima civiltà e della sua importanza politica l’Iran aspira, con giusta ragione, al ruolo di potenza regionale. Quest’aspirazione, se realizzata, potrebbe essere un fattore di stabilità nel vicino Oriente. L’Arabia Saudita. wahabita, si oppone a questa politica di un Iran sciita ed i recenti scontri nello Yemen sono il riflesso terribile di questa rivalità. Ad uno sguardo oggettivo la posizione di Israele è insostenibile dato che esso è l’unico paese che in quella zona si è dotato di un arsenale nucleare. La circostanza su cui la stampa internazionale e la diplomazia europea e americano chiudono gli occhi è che la politica nucleare israeliana è nata addirittura prima della costituzione dello stato di Israele. C’è al proposito un libro importante e documentato: Israel and the bomb –del dottor Avner Cohen (Columbia University Press –New York-1998).
Questo Dottor Avner Cohen (ebreo come dice il nome) non è uno qualunque. Egli è Senior Fellow presso gli archivi della Library of Congress di Washington.
Il libro, frutto di una ricerca archivistica e documentaria durata otto anni confortata da interviste dirette con i maggiori protagonisti di questa storia dimostra essenzialmente due cose:
1) La politica atomica di Israele nacque PRIMA della costituzione dello Stato Israeliano. Il gruppo fondatore (Ben Gurion, Shimon Peres, Golda Meir, Moshè Dayan ecc) sapevano bene e si stavano cacciando in una situazione difficile e che la loro unica possibilità di sopravvivenza era affidata alla loro superiorità scientifica e tecnologica. Esso era convinto che la fisica atomica fosse in gran parte opera di scienziati ebrei (e avevano ragione: basta fare i nomi di Einstein, Oppenheimer, Pontecorvo per capire) decisero di fare un censimento dei più brillanti studenti, laureati e ricercatori in fisica nucleare ebrei e di mandarli a “ scuola” dai migliori specialisti dell’epoca. C’era anche un’altra e più seria motivazione: Alcuni scienziati “senior” personalmente coinvolti nel progetto Manhattan dopo l’uso politico della bomba cominciarono a nutrire seri dubbi sulla liceità morale dell’”arma totale” Sono note le posizioni di Oppenheimer e la famosa lettera di Einstein a Truman. Perciò i fondatori di Israele decisero di puntare su un gruppo di giovani “graduated” perché non avevano avuto ancora il tempo di maturare tali perplessità.
In tal modo essi poterono istituire, come prima iniziativa del nuovo stato, un’accademia delle scienze sulle cui finalità si accese subito un forte contrasto politico.C’era da un lato Chaim Weizmann, già primo presidente di Israele, che ne voleva fare un’istituzione scientifica che accrescesse il prestigio internazionale del Paese e dall’altra Ernst Bergmann che voleva mettere a disposizione delle esigenze di difesa il potenziale scientifico e tecnico dell’Accademia per farne quasi un braccio esecutivo di Haganà (Forza di Difesa di Israele -In inglese IDF: Israel Defence Force) La posizione di Bergmann era sostenuto da Ben Gurion, all’epoca Ministro della difesa.
Begmann divenne fino alla sua morte, il consulente scientifico di Ben Gurion. Il tandem Ben Gurion – Bergmann è il vero padre della bomba israeliana.
2) Riguardo al problema dell’arma nucleare Israele ebbe e continua ad avere un comportamento diverso da quello degli altri stati atomici.Adottò una politica che l’autore definisce di “nuclear opacity” Israele non ha mai riconosciuto di avere un’arma atomica ma ha sempre lasciato intenderne il possesso. In questo senso Israele ingannò anche gli USA che non sono mai riusciti a visitare la centrale strategica di Dimona.Frutto di un’iniziale collaborazione con la Francia, fortemente voluta da Shimon Peres.
Israele non ha mai accettato controlli internazionali né ha consentito all’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica l’accesso alle sue centrali, negandone, in alcuni casi, addirittura l’esistenza. Ciò rende insostenibile la sua opposizione all’accordo con l’Iran che ha il suo cardine proprio nelle procedure internazionali di controllo. C’è un’altra ragione, che dal punto di vista occidentale, milita a favore dell’accordo. Esso consente all’Iran di acquisire quel ruolo di potenza regionale, fattore di equilibrio in Medio Oriente e di contrasto all’influenza dell’Arabia Saudita, rigidamente wahabita e governata dall’integrale applicazione della Sharia.Fattori che ne fanno la principale sostenitrice e finanziatrice dell’ISIS e di altre forme di terrorismo. Abbiamo dimenticato che Bin Laden era saudita e che dal quel paese venivano i fondi che ne sostenevano le iniziative? Va riconosciuto che le preoccupazioni di Israele hanno una loro legittimità ma se gli israeliani si rinchiudono nel guscio dei loro pregiudizi e vedono solo nell’uso della forza, anche nucleare, l’unica possibilità di difesa difficilmente riusciranno a creare intorno ad essi un’atmosfera distesa che è l’unica garanzia di una pace sicura necessaria in primis proprio ad Israele a garanzia del suo futuro. Perciò lo storico accordo sulla gestione internazionale del nucleare iraniano e sul ritiro graduale delle sanzioni man mano che l’accordo praticamente si realizza, che vede per la prima volta una significativa presenza UE va salutato con favore dalla comunità internazionale. Normalizzare le relazioni fra Iran e mondo occidentale avrà effetto sulla lotta al terrorismo ed è un passo importante per attenuare le diffidenze di Israele che solo in una convivenza pacifica col mondo musulmano avrà la possibilità di un’esistenza garantita e sicura.