Ci risiamo, sempre la stessa storia. Il Sud è un’altra volta penalizzato rispetto al Nord. Secondo l’ultimo studio Svimez, in collaborazione con Irpet, è questa la fotografia che descrive l’Italia degli ultimi anni. Stando a quanto riporta il dossier delle due associazioni, nel triennio che va dal 2013 al 2015, il Mezzogiorno avrebbe subito tagli, per un valore del doppio rispetto al Nord Italia.
All’indomani della prima riunione del Governo per discutere del DEF, Documento di economia e finanza, lo scenario che si prospetterebbe, preoccupa non poco il Mezzogiorno. La spending review che proclama il Premier Matteo Renzi, infatti, danneggerebbe soprattutto il Sud. Stando a quanto dicono Svimez e Irpet, per il 2015, il taglio sulla spesa pubblica in percentuale sul Pil, sarà del 6,2 % al Sud rispetto al 2.9% del Nord. Un divario enorme, se si pensa che questa differenza, penalizzerà ancor di più l’economia meridionale, che stenta a ripartire. Una scelta che non farà altro che determinare, ulteriormente, la disuguaglianza tra Nord e Sud, sancendo definitivamente la presenza di regioni “ricche”, che si contrapporranno a quelle “povere”. Lo studio, inoltre, afferma che la spending review avrà un’incidenza, in rapporto al prodotto lordo, nel Mezzogiorno per il 9,5%, mentre nel Nord solo per il 6%. L’ennesimo divario che danneggia quella parte del Paese, che si trova da tempo, in enorme difficoltà. Una scelta, che sembra essere davvero paradossale, se si pensa che la logica detterebbe tutt’altro criterio, ovvero che a dover ricevere dei benefici o degli input, dovrebbe essere chi, fatica di più a ripartire e rialzarsi da una crisi, che pare abbia atterrato qualsiasi speranza di ripresa. «In questo modo la spending review non riduce gli effettivi sprechi ma determina un crollo generalizzato d’investimenti pubblici e d’incentivi alle imprese», hanno commentato Adriano Giannola e Riccardo Padovani, Presidente e Direttore della Svimez. Secondo l’istituto, infatti, dopo questa riallocazione, sarà inevitabile l’effetto depressivo che si verificherà sul sistema produttivo del meridione. Ma la Svimez, rispetto ai tagli avvenuti dal 2013 al 2015, ci tiene a sottolineare che le responsabilità non sono solo del Governo Renzi, ma anche in quello Letta e Monti. E proprio la Svimez ha più volte sostenuto a gran voce, che in un momento di crisi come quello attuale, il Paese per cercare di ripartire, avrebbe dovuto puntare sull’economia del Mezzogiorno.
Cosa che aveva più volte dichiarato anche Matteo Renzi in tempi non sospetti. Soltanto lo scorso novembre, in occasione di una visita allo stabilimento Ema (Società Europea Microfusioni Aereospaziali) di Morra de Sanctis in provincia di Avellino, aveva dichiarato: «C’è la necessità di ripartire dal Mezzogiorno, anche perché c’è un’Italia del Nord veloce e una del Mezzogiorno che arranca. Basta con l’abitudine di parlare del Sud, soltanto per dire che le cose non vanno. Esiste anche un Mezzogiorno che non ha nessuna voglia di rassegnarsi. Ogni tre mesi saremo in Campania, Calabria e Sicilia per valutare a che punto è la spesa dei fondi europei». Dichiarazioni che rilette alla luce dei tagli, che si andranno a verificare, crea non poco sgomento. Verrebbe da domandarsi, ma non si doveva ripartire dal Sud? Il Sud non doveva essere una risorsa su cui investire per l’intero Paese? Ebbene, in attesa, che queste domande ricevano una qualche risposta sensata e realistica, per ora restano soltanto annunci, che di concreto hanno ben poco.