È stato presentato nel pomeriggio di ieri, presso la galleria d’arte Nicola Pedana di Caserta, il libro di Angela Iantosca, “Bambini a metà, i figli della ‘Ndrangheta”. L’evento, che rientra nell’ambito della iniziativa promossa dalla giornalista Beatrice Crisci e denominato “Il salotto delle Culture”, ha visto una buona partecipazione di pubblico. I lavori, sono stati coordinati da Rossella Calabritto, referente del presidio Libera di Caserta, “Joseph Aymbora”. Dopo una breve introduzione di Beatrice Crisci, che ha illustrato i motivi che hanno portato alla nascita di questa iniziativa, che rientra nell’ambito di un vasto programma di “iniziative itineranti”, ha preso la parola l’assistente sociale, Maristella Di Mauro, che ha sottolineato l’importante lavoro svolto ogni giorno da tutte le assitenti sociali sul territorio italiano, a sostegno di famiglie che hanno familiari reclusi, e che il più delle volte, si trovano a dover scontare un ergastolo. “Il “fine pena mai”, – ha sottolineato la Di Mauro – è una realtà con la quale la maggior parte delle famiglie che hanno familiari in carcere per motivi legati a reati mafiosi, deve convivere quotidianamente. Come assistente sociale, cerco di fornire assistenza a queste famiglie, e provo ad aiutare in modo particolare, i ragazzi e le ragazze minorenni, che sono i più avvezzi a seguire ed a perseguire le orme del familiare recluso. Reputo questo lavoro, assai importante per prevenire quel ricambio generazionale di cui la malavita organizzata si nutre”.
A seguire, ha preso la parola il magistrato Marta Correggia, che per il lavoro che svolge, si trova a dover fare i conti ogni giorno con reati legati al mondo della criminalità organizzata. “Spesso e volentieri, è lo stato che permette alle cosche (in questo caso alle ‘ndrine calabresi), di autorigenerarsi, e mi spiego. I minorenni, trovano rifugio, conforto e riparo nelle organizzazioni criminali, perché esse forniscono loro il necessario per vivere bene. Se lo Stato, dopo aver “strappato” i potenziali criminali del futuro alla criminalità organizzata, dopo un periodo di lontananza dal paese natale, li riporta presso le famiglia di nascita, vuol dire che ha fallito. Infatti, ritengo che sia da masochisti interrompere, di punto in bianco, il progetto che ha permesso a quei ragazzi di sperimentare che la vita non è costituita solo da atti violenti. Bisognerebbe interrogarsi su tutto ciò”.
Nella interessante discussione, è intervenuta, poi, la psicologa Rossella Lombardo, che ha elogiato l’operato di Angela Iantosca. “Il libro è molto bello ed interessante. – ha esordito la Lombardo – Angela Iantosca ha svolto davvero un lavoro egregio, supportato ed arricchito dal lavoro sul campo. In modo particolare, ritengo che il rapporto filiale, che lega i giovani mafiosi alla organizzazione stessa, debba farci riflettere, perché è davvero inquietante. I piccoli gesti che fin da piccoli compiono i ragazzi per legarsi in modo indissolubile alla cosca, devono essere da monito per la società, che non può restare indifferente a tutto ciò”.
Prima delle conclusioni affidate all’autrice, è intervenuto Samuele Ciambriello, giornalista e docente universitario. “Negli anni ottanta, ho sperimentato sulla mia pelle cosa vuol dire la condizione carceraria del 41 bis. Visitando il carcere di Bellizzi Irpino, mi sono reso conto però della differenza esistente tra i camorristi e gli ndranghetisti. I primi, quando facevo loro visita nella casa circondariale, mi chiedevano di aiutare i propri figli, affinchè non seguissero le loro orme. Il più delle volte, poi, essi divenivano collaboratori di giustizia. Cosa che non ho mai sentito invece pronunciare dagli ndranghetisti che, dopo il battesimo del sangue e del santino di san Michele Arcangelo, si sentono legati in modo indissolubile alla cosche di appartenenza. Quando negli anni novanta fondai l’Associazione La Mansarda, avevo in mente proprio questo: applicare il famoso detto “prevenire è meglio che curare”, ma applicarlo per davvero. Se tutti ci impegniamo affinché i nostri giovani imparino a capire che un mondo migliore è davvero possibile, e che studiare serve davvero a qualcosa, allora siamo già a buon punto. Don Lorenzo Milani, sosteneva che “la cultura è l’ottavo sacramento”. Bisogna comprenderlo una volta per tutte”.
Prima di congedare i presenti, ha preso la parola l’autrice del libro, che ha ringraziato tutti per la partecipazione e ha spiegato i motivi che l’hanno portata a scrivere di questo tema. “BAMBINI A META’ – I FIGLI DELLA ‘NDRANGHETA è la mia seconda opera ed è un saggio che affronta il tema dei minori di ‘ndrangheta, attraverso le carte, gli incontri diretti, le parole dei pm, dei giudici, degli psicologi e di chi, ogni giorno, si fa carico della responsabilità di far conoscere loro un mondo diverso da quello nel quale sono costretti a crescere. Ho scalato i monti della Locride, in Calabria, per vedere da vicino e tastare con mano la reale situazione in cui questi bambini, sono costretti a vivere. Spero di aver stimolato, in ognuno di voi, la voglia di conoscere questa realtà. Cambiare il mondo si può, ma dobbiamo davvero volerlo tutti”.