Torniamo a parlare di immigrazione, un tasto doloroso della politica italiana e europea, un argomento che affolla da anni i titoli dei giornali, le teste e le bocche di quanti vivono nella parte più fortunata del Mediterraneo. Da giorni si parla di quelle decine di migranti, sudanesi ed eritrei in maggioranza, approdati sulle coste della Liguria, a Ventimiglia, bloccati dal tira e molla italo-francese in attesa di decidere, in parole povere, chi se li tiene. Il sindaco di Ventimiglia Enrico Ioculano ha già fatto richiesta alla Regione per ottenere una serie di unità di protezione civile da affiancare ai volontari della Croce Rossa, ma Giovanni Toti non ci sta. Il neopresidente eletto non vuole mezze misure, esige che se ne vadano, che ci pensi il Ministero degli Interni a loro.
E così, alle forze dell’ordine non è rimasto altro da fare, dopo quattro giorni di attesa, che sgomberare (almeno in parte) i profughi accampati nei pressi della scogliera, nei giardini e nella pineta a Ponte San Ludovico, il valico di confine che porta dritto dritto in Francia. Lo sgombero si è svolto regolarmente e senza danni notevoli: stando alle fonti della polizia, pare che quasi nessuno dei migranti si sia opposto al trasferimento, resosi necessario anche per motivi di igiene. Ma proprio la questione del confine impone una riflessione in più. L’arrivo dei profughi a Ventimiglia è stato come una patata bollente che né Francia né Italia vogliono tenere nelle rispettive mani. Nel mirino della querelle sono entrati anche gli Accordi di Schengen, quelli che dovrebbero regolare la circolazione di individui tra i Paesi aderenti, spostando, in sostanza, i controlli dall’interno all’esterno. Il che significa più restrizioni per chi viene da fuori, e che, come previsto dal trattato, spetta al Paese ospitante decidere se accogliere o meno i migranti. Quindi, nessuno può dire alla Francia cosa fare, questo è chiaro, spetterà solo a Parigi stabilire se far passare quei profughi o rimetterli al loro destino. Però, Schengen a parte, e al di là delle mancanze italiane, è pur vero che questa tragedia mediterranea non può continuare a gravare sulle spalle del belpaese, con la scusa che ormai quelle povere anime già si trovano sul nostro territorio. Anche perché in molti arrivano in Italia solo come prima tappa di un lungo viaggio, per poi dirigersi in altre zone d’Europa (o almeno la speranza è quella). Angelino Alfano, a Lussemburgo, ha detto che «la scena di Ventimiglia è un pugno in faccia all’Europa ed è la prova che i migranti non vengono in Italia per stare in Italia, ma per andare in Europa, ed è dalla scena di Ventimiglia che tutti devono trarre insegnamento: io credo che quella scena sia stata un pugno negli occhi a chi non vuol vedere».
Proprio a Lussemburgo, infatti, si sta discutendo il Piano immigrazione che dovrà passare al vaglio dei Ministri dell’Interno dell’Unione. Renzi dice che se nessuno ci aiuterà, faremo da soli. Questo sarà il nostro piano B. Ma la verità è che l’Europa dovrebbe qualcosa di più di un semplice tracciato sulla cartina. Dovrebbe essere coalizione, collaborazione, unità di forze anche laddove manchi l’unità di vedute. Il problema dell’Africa è chiaramente un problema dell’Italia, della Francia, di tutti gli altri Stati compresi quelli che affacciano altrove, e se l’UE non adotta una strategia comune, allora sarà difficile far credere agli europei che una Europa esiste davvero.