Non sarà la prima volta che in Italia vediamo il Family Day. È così che si chiama quella manifestazione in sostegno della famiglia tradizionale, e in polemica più o meno esplicita contro le unioni civili e tutto quel che ruota attorno. Stavolta, chi ha preso parte al Family Day del 20 giugno a Roma, è sceso in piazza per schierarsi contro il ddl Cirinnà, quello sulle unioni civili, che istituisce nuovi diritti per le coppie dello stesso sesso, almeno in parte a quelli garantiti da un comune matrimonio eterosessuale. Per esempio, la reversibilità della pensione, l’assistenza sanitaria e la stepchild adoption, vale a dire l’adozione da parte della coppia del bambino che sia già figlio biologico di uno dei due.
La Chiesa di Roma ha fatto sapere la sua, ovviamente, senza dare un appoggio formale, ma senza neppure nascondere il suo consenso: una condivisione limitata solo ai contenuti, ma non alla forma, è quello che ha accertato il vescovo Nunzio Galantino. Ad ogni modo, anche la Chiesa la pensa come chi ha preso parte alla manifestazione. E tra i nostri politici, quali sono le posizioni? Lega Nord, Forza Italia, Area popolare, esponenti di FI, insomma il mondo della destra politica si è variamente schierato dalla parte di questo Family Day, come del resto ci si aspettava che accadesse.
Tra coloro che hanno aderito, spuntano nomi già noti agli italiani. Per esempio Eugenia Roccella, prima PdL, ora deputata NCD, che da anni si esprime in continuazione contro i matrimoni gay, perché la famiglia è quella formata da un uomo e una donna, che facciano da padre e da madre ai loro figli. E parla in difesa delle donne, le uniche vere vittime di una violenza diffusa oggi nel nostro Paese, negando al contempo l’emergenza di una legge contro l’omofobia. Poi, nel 2011, firmò una lettere aperta per chiedere la sospensione di ogni giudizio morale su Silvio Berlusconi, allora indagato per favoreggiamento della prostituzione minorile. Perché, si sa, i valori tradizionali non hanno nulla a che vedere con lo stile di vita sessualmente promiscuo dell’allora Presidente del Consiglio. Tra i firmatari c’era pure Roberto Formigoni, anche lui di nuovo come già nel 2007 intervenuto ad appoggiare il Family Day, evidentemente perché la sua tanto sbandierata fede cattolica non va d’accordo con il ddl Cirinnà, ma con un leader politico adultero e pluridivorziato sì.
Certo, le contraddizioni sembravano molto più evidenti nel 2007 che oggi, con Berlusconi non più tanto sotto i riflettori come a quei tempi, ma i conti continuano a non tornare. Dovremmo fidarci, per esempio, di Carlo Giovanardi, uno che non simpatizza tanto nemmeno con il gentil sesso, tanto da aver insinuato che le donne, alle quali non importerebbe nulla di politica, farebbero meglio a starne fuori? E che dire di Maurizio Gasparri, che dai suoi profili social si è dato tanto da fare per dare della “racchia” a Rosy Bindi, aggredire immotivatamente una minorenne sull’aspetto fisico, e dare gratuitamente della prostituta ad una commentatrice. Nemmeno c’è da stupirsi che pure Matteo Salvini abbia dato il suo appoggio al Family Day, lui che ce l’ha a morte con gli immigrati, gli stranieri, i meridionali, l’Europa intera, vuoi che non abbia qualcosa da dire anche sulle unioni civili? E a chi si chiede che cosa c’entri tutto questo con la difesa della famiglia tradizionale: siamo sicuri che queste persone siano le più affidabili in fatto di valori morali?