Dopo l’accoglimento del ricorso presentato da Vincenzo De Luca contro il decreto di sospensione da governatore della a Regione Campania, ed il successivo reintegro, si è scatenato un vero e proprio dibattito attorno alla ormai famosa Legge Severino. Dibattito, che a dirla tutta, catalizza l’attenzione di molti da diversi mesi a questa parte. Ma tale legge, è davvero incostituzionale come molti vogliono far credere? È giusto fare delle differenze di merito tra casi e casi? Giuristi o lo si è o non lo si è. Le improvvisazioni, non hanno mai prodotto nulla di buono. Per provare a rispondere a tutta questa serie di interrogativi, la redazione di Linkabile ha ascoltato l’autorevole parere del professore Mario Griffo, docente di Diritto Processuale Penale presso l’Università degli studi del Sannio.
Professore, siamo nel limbo di regole e verdetti. Regna l’incertezza del diritto. Come mai, a suo avviso, c’è tutta questa incertezza intorno alle Legge Severino?
«Provo a risponderle dal mio punto di vista, che è quello di un penalista. Ritengo innanzitutto, come affermato anche da Raffaele Cantone in più di una occasione, che la legge aveva bisogno ab origine di un tagliando. Non bisogna dimenticare, che la Severino è una legge creata appositamente per la proiezione di altre norme. È stato il primo passo fatto in vista di una serie di decreti attuativi che avrebbero poi portato alla creazione della Legge anticorruzione. La legge, nasce da un processo molto più ampio. Credo che non sia tanto da condannare il prodotto, ma il processo che ha portato alla strutturazione di come essa è oggi ».
C’è bisogno di una legge per interpretare la legge? Quando la politica si lascia interpretare dalla magistratura, non crede che essa stessa perda il senso più alto del suo agire?
«Le leggi vanno interpretate dalla magistratura. Se non teniamo bene a mente questo, rischiamo di perdere di vista il senso più alto della democrazia. I margini interpretativi della Legge, sono ampi. La Severino, presenta dei vuoti, perché essa, come ribadito poco fa, è un prodotto pilota. A cagion di ció, c’è bisogno di un ricorso suppletivo alla Corte Costituzionale. Bisogna essere sereni, perché la Corte Costituzionale è il massimo organo di vigilanza che i padre costituenti ci hanno consegnato. Io non sono un politico, ma ritengo che la politica non debba in alcun modo influenzare il lavoro della magistratura. Solo ad essa, spetta il compito di interpretare le leggi ».
Può la politica, in particolare la Regione Campania, essere appesa ad un filo in attesa della decisione della Consulta?
«Il problema non si pone più perché Vincenzo De Luca può governare. Bel momento in cui egli è stato ammesso alle primarie, è stato legittimato. Ritengo che le primarie siano uno strumento di indubbia partecipazione democratica. Da campano, non mi sento di dire che la Campania è in bilico, ragione per cui auspico che finale ber possa esserci un momento di stabilità per la nostra regione e per l’intero Mezzogiorno d’Italia. De Luca, ha avuto poi una piena legittimazione, ripeto, nella partecipazione alla primarie. Il suo è un percorso politico legittimo ».
Entrando nel merito. Incandidabilità, incostituzionalità, ineleggibilità, impresentabilità, sono termini associati alla Legge Severino. Crede che ci sia una disparità di trattamento nel giudicare senatori e deputati, che per essere sospesi hanno bisogno di una sentenza definitiva, rispetto agli amministratori locali, per i quali basta una sentenza di primo grado? C’è bisogno di Teseo per uscire da questo labirinto che si è venuto a creare?
«Dobbiamo innanzitutto distinguere la categorie giuridiche da quelle morali. Il problema della disparità di trattamento, è stato posto da più parti, ma anche per quanto riguarda questo punto, ci viene in soccorso una sentenza della Corte Costituzionale, la numero 407 del 1992. In base a questa sentenza, già prima degli anni duemila, la Corte affermó come bisognasse distinguere le funzioni di un parlamentare rispetto a quello di un amministratore locale. Deputati e senatori, non potevano essere paragonati a sindaci o consiglieri, per il ruolo più alto che ricoprivano. Per il parlamentare, dunque, già allora, venne stabilito che per essere sospeso definitivamente dalla propria carica, occorresse un giudizio definitivo. Possiamo poi stare a sindacare sul fatto che questo principio è datato e può dunque essere rivisitato, ma tant’è, che una sentenza in merito, già esiste. Condivisibile o meno, ma esiste ».