Alcuni li chiamano drammatici, altri paranoici, altri ancora pessimisti, sono quelli che – occhialino puntato sul naso – hanno osservato la crisi della Grecia pensando “e se capitasse anche in Italia?”. Per lo più, sono stati zittiti, dai politici soprattutto, basti pensare alle dichiarazioni del Ministro dell’Economia Padoan di qualche giorno fa: “L’italia non è come la Grecia”. Sarà, eppure, le anticipazioni del rapporto Svimez sull’economia del Mezzogiorno 2015 delineano un quadro non proprio confortante: l’Italia è il paese cresciuto meno in assoluto, anche meno della Grecia, parliamo di un +20,6% rispetto al +37,3% dell’area Euro, a fronte del +24% della Grecia.
Come se non bastasse, è sempre il solito Sud a farne le spese, come si legge nel rapporto: “Il Sud è ormai a forte rischio di desertificazione industriale, con la conseguenza che l’assenza di risorse umane, imprenditoriali e finanziarie potrebbe impedire all’area meridionale di agganciare la possibile ripresa e trasformare la crisi ciclica in un sottosviluppo permanente”. Il Pil pro capite nel Mezzogiorno è calato drasticamente, corrisponde soltanto al 63,9% del valore nazionale, una differenza che amplifica il contrasto che ci pare sempre più insanabile tra Centro-Nord e Sud.
Altro tasto dolente, Il numero degli occupati: nel Mezzogiorno siamo a quota 5,8 milioni, sotto i 6 milioni dunque, una soglia che si credeva non si potesse superare nuovamente: “Tornare indietro ai livelli di quasi quarant’anni fa testimonia, da un lato, il processo di crescita mai decollato, e, dall’altro, il livello di smottamento del mercato del lavoro meridionale e la modifica della geografia del lavoro”, si legge nel rapporto. Nel 2014 il tasso di disoccupazione era del 12,7% in Italia, una media tra il 9,5% del Centro-Nord e il 20,5% del Sud, praticamente il doppio.
Una crisi lavorativa probabilmente legata anche al fattore della desertificazione industriale: Nel 2014 a livello nazionale il valore aggiunto del manifatturiero è diminuito dello 0,4% rispetto al 2013, mentre la Germania segnava un +2,1% e la Gran Bretagna un +2,8%. Netto il divario Nord e Sud anche sull’industria: -0,7% al Centro-Nord, -3,6% al Sud. Dal 2008 al 2014 il settore manifatturiero al Sud ha perso il 34,8% del proprio Prodotto, oltre ad aver dimezzato gli investimenti di più della metà.
Inoltre, imperversano ancora discriminanti di genere: al Sud lavora una sola donna su cinque, il tasso di occupazione femminile nel Mezzogiorno è del 35,6% a fronte della media europea del 64%, questo se si guarda la fascia d’età 35-64 perché a vedere le giovanissime la situazione peggiora e il divario Centro-Nord e Sud spaventa: 42,3% al Centro-Nord, 20,8% al Sud.
Persino quello che è stato tradizionalmente un cavallo di battaglia del meridione viene a mancare: si fanno meno figli: “Nel 2014 al Sud si sono registrate solo 174 mila nascite, livello al minimo storico registrato oltre 150 anni fa, durante l’Unità d’Italia: il Sud sarà interessato nei prossimi anni da un stravolgimento demografico, uno tsunami dalle conseguenze imprevedibili”, citando il rapporto. Scesi anche i consumi che si sono ridotti nel 2014 dello 0,4% a fronte di un aumento del +0,6% nelle regioni del Centro-Nord, i consumi pro capite del Sud sono pari al 67% di quelli del Centro-Nord dove si è registrato anche un ritorno ai consumi di beni durevoli.
Quanto al rischio povertà, i numeri chiamano in causa direttamente la nostra regione come la seconda regione italiana con il più alto rischio di povertà, dopo la Sicilia. Le famiglie assolutamente povere sono cresciute di 390.000 nuclei in Italia, un + 37,8% al Sud e un + 34,4% al Centro-Nord.
Insomma, l’Italia forse non sarà come la Grecia, ma il Sud Italia sì… anzi peggio.