E quindi? Davvero dovremmo far finta di sorprenderci di fronte a tutto ciò che è stato organizzato nella Capitale per l’addio di uno dei boss mafiosi più potenti di Roma? Davvero dovremmo gridare allo scandalo perché un parroco ha acconsentito che il defunto fosse salutato nella sua chiesa o che la SIAE abbia accettato si marciasse sulle note de “Il Padrino”?
Sarà grave, penserete voi, ma a me quasi non fa effetto.
Il perché è presto detto: semplicemente non mi bevo la storia che, solitamente, ci propinano in queste occasioni, il famoso “nessuno sapeva niente”. Anche perché sarebbe ancora più grave che un elicottero solchi i cieli romani spargendo petali di rose, che il traffico venga boccato da un’enorme carrozza e nessuno intervenga a ripristinare l’ordine.
I vigili, invece, pare ci fossero eccome. I giornali italiani, ed esteri, che hanno riportato la notizia parlano addirittura di scorta. Pensate un po’!
Quello che davvero sconcerta non è tanto come la mafia abbia deciso di sperperare qualche migliaio di euro (o milione) delle sue enormi ricchezze per dire addio al grande capo Vittorio Casamonica, ma che tutti gli affari con i quali lui e il suo clan – come tutti gli altri da nord a sud del Paese – abbiano accumulato quelle ricchezze e tantissimo altro ancora, siano passati quasi inosservati, dato tutto per normale, ovvio, scontato.
Il problema, in Italia, è che, ormai, tutti possono liberamente agire alla luce del sole, senza neanche più bisogno di nascondersi. Ne è di esempio la politica: ogni giorno la Costituzione viene stracciata, presa a calci, i più grandi esponenti sono coinvolti in scandali e giri di mazzette, i soldi pubblici finanziano auto blu per azioni private, spese non giustificate, eppure, non muoviamo più un dito. Al massimo ci limitiamo a condividere la nostra indignazione su Facebook. Poi però il ragù si cuoce, l’arbitro fischia l’inizio di una nuova domenica e tutto è già dimenticato.
Possibile che all’Italia non faccia più specie che la Mafia sia in ogni centimetro del Paese, che abbia le mani su ogni grande opera, che controlli politica, istituzioni, calcio, pizzerie, tabacchi, eccetera?
Il grado di disumanità del Paese è ormai tale che si cercano problemi e nemici dove in realtà ci sono solo dei poveracci messi gli uni contro gli altri per far si che quelli ai piani alti possano continuare a dividersi la torta, mentre noi, “morti di fame”, invochiamo ruspe, eruzioni del Vesuvio o esondazioni del Po e siamo pronti ad ammazzarci se la rivalità nel derby supera i confini dello stadio.
E allora che senso ha far finta che tutto ciò che è andato in scena a Roma, appena qualche giorno fa, ci interessi davvero così tanto? Anche perché, si sa, siamo anche il popolo della memoria corta. Dimenticheremo presto. Oggi torna il Campionato, c’è da prendere posto sul divano.